post — 18 Luglio 2011 at 11:59

IL PD AI SUOI: O IL TAV O LA SIBERIA

di Daniele Preziosi per ilmanifesto.it

O diventate favorevoli alla Torino-Lione o è meglio che vi andiate a occupare della Transiberiana. È, in buona sostanza, il senso di un documento presentato ieri all’assemblea del Pd provinciale di Torino. Un documento, spiega la versione ufficiale, per «vincolare gli amministratori della Val Susa iscritti al Pd a una serie di punti fermi» sulla Tav. In pratica agli amministratori valsusini schierati con i No-Tav (sei, sui 23 riconducibili al centrosinistra, sui 43 primi cittadini della comunità montana) si chiede «una netta e ferma condanna di ogni violenza verso le forze dell’ordine». Fino a qui tutto bene. Ma poi si chiede «il riconoscimento che la decisione di realizzare la Torino-Lione è stata assunta con processo democratico» e «l’impegno a discutere del merito dell’opera e di orientare su tali posizioni gli alleati della comunità montana. Altrimenti le alleanze politiche si devono rompere». Il Pd resiste alla tentazione dell’espulsione, che pure qualcuno aveva cominciato a ventilare (e infatti ieri il Pdl gridava al cerchiobottismo). Ma i dissidenti non solo debbono cambiare idea, ma anche convincere gli altri a farlo. 

Siamo al centralismo democratico fuori tempo massimo. Da parte poi di un partito, il Pd, che quanto a divergenze interne non si è mai fatto mancare nulla, dalle missioni militari all’ultimo voto sul testamento biologico. 

Nessuna espulsione, sottolinea Paola Bragantini, segretaria provinciale di Torino. Perché, bontà sua, «l’opinione non è reato» però «dipende da come la si porta avanti», ovvero se la si porta avanti. «In Val Susa serve una fase nuova, bisogna iniziare a discutere del merito dell’opera, la sua realizzazione ormai è decisa». 
I sindaci ribelli per ora non replicano. «A differenza di un parlamentare, nominato dal partito, noi dobbiamo rispondere innanzitutto agli elettori. Tanto più che la maggior parte di noi sono eletti in liste civiche», spiega Sandro Piano, presidente della comunità montana Val Susa e Val Sangone. Quanto al merito, i vari sindaci non discutono tanto la decisione «democratica» di fare la Torino-Lione, sulla quale si è coagulata una maggioranza bipartisan, quanto il «democratico» passare sulle teste delle comunità interessate. Nodo non banale in era postdemocratica. Non si pone per la prima volta in Val Susa. A Bragantini&Co dovrebbe interessare, visto che dicono di voler discutere di «cosa è il partito (e pure democratico, ndr) in un momento di crisi della democrazia». 

Quanto alla richiesta di discutere nel merito del progetto, oltre alle lenzuolate di ragioni che i diversi punti di vista contrari alla Torino-Lione hanno prodotto fin qui (docenti universitari, amministratori, trasportisti, non quattro scalmanati «palombari», per dirla con Marco Revelli), potrebbe succedere che i sindaci dissidenti chiedano al proprio partito un supplemento di riflessione all’indomani di una manovra economica sanguinosa, «iniqua e spudoratamente classista», come l’ha definita Pier Luigi Bersani. Che taglia la scuola, introduce i ticket, vende i beni comuni. Ha ancora senso mantenere come priorità un’opera come la Torino-Lione?