post — 13 Aprile 2022 at 18:00

Galleria Torino-Lione, rischi e minacce sull’acqua. Incontro a Modane

Giovedì 7 aprile, nel Salone delle Feste di Modane, si è tenuto l’incontro “Galleria Torino – Lione, rischi e minacce sull’acqua”, a cui hanno preso parte un centinaio di persone.

Una delegazione è partita dalla Valsusa per portare contenuti e confrontarsi con chi al di là del confine si interroga sulle stesse problematiche che il Movimento No Tav si pone da diversi anni.

Philippe Delhomme, vice sindaco di Villarodin-Bourget, piccolo comune francese situato nel dipartimento della Savoia della regione dell’Alvernia-Rodano-Alpi, nella sua introduzione ha fatto una sintesi della situazione locale indicando il numero di sorgenti a rischio, il metodo di valutazione di LTF che con la scusa di passare da quattro a tre classi di valutazione, ha fatto sparire la classe rossa delle sorgenti che saranno a rischio di scomparsa a seguito dei lavori, e poi considerazioni sulla risorsa acqua.

Un video proiettato durante l’incontro terminava con il disegno animato che rappresentava la valle francese come una vasca da bagno: se si sottrae acqua dal versante al sole si abbassa il livello della falda freatica a fondovalle e questo fa sparire sia quest’ultima, sia le stesse falde del versante opposto a quello in cui si sono svolti i lavori. Quindi è un problema generale non solo di qualche sorgente in montagna.

Per parte italiana sono intervenuti Mario Cavargna, Presidente di Pro Natura Piemonte, che ha ricordato che la potabilità dell’acqua è sino a 200 metri e che al di sotto è troppo mineralizzata per l’uso potabile. Insieme a lui, la sindaca di Bussoleno Bruna Consolini, che ha sottolineato l’importanza del legame tra tecnici e municipalità, utili a mettere in evidenza i rischi e difendere il territorio sui versanti italo-francesi interessati dall’opera.

Tra i relatori anche il prof. Gilles Ménard, geologo e professore all’università della Savoia ora in pensione, che ha lavorato per LTF fino al 2004 e poi ha abbandonato per divergenze di obbiettivi, che ha minuziosamente spiegato come è stato fatto l’inventario della portata delle sorgenti lungo l’arco dell’anno.

Di seguito pubblichiamo la sintesi dell’intervento di Mario Cavargna.

RISCHI E MINACCE PER LE NOSTRE ACQUE IN CONSEGUENZA DEL TUNNEL DI BASE DELLA TORINO LIONE 

La più importante sintesi sulla previsione dell’impatto della costruzione del tunnel di base sulla disponibilità delle acque dell’area attraversata, ci viene dal rapporto COWI uscito per commissione della commissaria europea alla realizzazione della Torino Lione, Loyola De Palacio, nell’aprile 2006, e la prima cosa da ricordare è che non si tratta di un rapporto neutrale: è un documento che serve a far approvare la linea AV/AC, quindi ancora prudente negli impatti ed esagerato nella necessità della nuova infrastruttura, come quando afferma che la linea ferroviaria attuale sarà completamente satura nel 2020 mentre invece è al 15%.

Di conseguenza i dati che fornisce, che a loro volta furono ripresi dagli studi fatti da LTF (ora TELT), devono esser considerati prudenziali ed anche la impressionante previsione della sottrazione di 60/125 milioni di mc all’anno, va presa per il valore dato come massimo di 125 milioni, come sembrano confermare i dati più recenti.

Il rapporto ci sembra comunque favorevole perché le cose che ammette sono di una tale gravità che superano quanto si immaginava prima, per esempio la possibilità che il tunnel di base vada a catturare il fiume ARC, mettendolo all’asciutto intercettando la sua falda sotterranea.

La fondamentale premessa alla previsione dello svuotamento delle riserve idriche del massiccio montuoso del Moncenisio Ambin è che non si può evitare di captare le acque impermeabilizzando un tunnel di base perché, in questo caso, la pressione idrostatica di 150 atmosfere, calcolata su di una quota media della montagna soprastante di circa 2.200 metri, che preme all’esterno della galleria, rischia di danneggiarla. In più, a differenza di altri tunnel di base, il massiccio montuoso interessato dal nostro è fortemente interessato da fenomeni carsici e quindi con forni connessioni tra le vene d’acqua alle varie quote che rendono effettiva la pressione idrostatica teorica.

Una ventina di anni fa, una colorazione immessa nella grotta del Giasset dalla parte italiana, del Moncenisio è uscita mille metri più in basso. Indiscrezioni su analoghe colorazioni fatte da parte francese in occasioni delle indagini per le “perdite” alla estremità Ovest del lago, avrebbero dato dei dati ancora più eclatanti che purtroppo non è stato possibile avere ufficialmente.

Svuotare la montagna delle acque è quindi indispensabile alla sicurezza del tunnel, anche se nessuno, per il momento, pensa che, tra mancata alimentazione e perdite, si possa arrivare a compromettere il lago del Moncenisio.

Nella stima dei drenaggi il rapporto COWI solleva comunque delle critiche anche a TELT per essersi è tenuta troppo bassa nel calcolare la pressione idrostatica a 500 metri, dato che, tra la quota del tunnel a circa 600 m ed il Piccolo Moncenisio, che fa da riferimento ci sono 1.600 metri, quindi tre volte di più.

Per parte nostra notiamo che, per quanto riguarda i risultati del tunnel geognostico della Maddalena di Chiomonte, non basta calcolare cosa esce dal tunnel attuale ma bisogna sommare anche quanto si sta drenando nel raggio di circa tre chilometri da un punto centrale, a causa dei precedenti grandi lavori.

Quindi, per il calcolare quale sarà la perdita media della montagna per lo scavo del tunnel di base bisogna calcolare i:

100 litri sec che escono dall’imbocco del tunnel della Maddalena 

100 litri in più perché quella del tunnel di base sarà una galleria doppia di 9 m contro 6 m (e pertanto avrà una superficie tre volte maggiore) 

50 litri che escono dalla galleria della autostrada 

50 litri che escono a Giaglione dalla galleria AEM 

200 litri che escono a Venaus, o da prima, per lo scavo della galleria per la centrale idroelettrica in caverna di Venaus 

In totale si tratta di 500 l/sec su un’area di circa 6/ km diametro che è circa 1/8 della lunghezza dell’intero tunnel.

Questo quantitativo corrisponde alla previsione più grave, ma va tenuto conto che questa parte del versante è povera d’acqua tanto è che nel Millecinquecento vi fu scavata una antichissima galleria su commissione della popolazione di Chiomonte e realizzata dal bramantino Colombano Romean, per portarvi l’acqua per la coltivazione della vite.

Il rapporto COWI chiarisce anche queste previsioni di drenaggio sono quelle che si stabilizzeranno nel tempo e quindi non viene considerato lo svuotamento delle riserve d’acqua della montagna che si ha nei primi anni, sopra tutto a quota tanto bassa quando vengono drenate le riserve che ci sono nella montagna a quota maggiore. La enorme pressione fa uscire per anni il volume stoccato nelle sacche d’acqua interne al massiccio finché, alla fine, esce solo l’acqua corrente.

A peggiorare lo stato delle risorse idriche non ci sarà solo il drenaggio ma anche l’inquinamentoL’acqua più interna sarà inquinata da solfati (gesso ecc) oltre i limiti della potabilità.

Quest’acqua fossile non potrà essere usata neppure per usi industriali od agricoli perché ostruisce fortemente le tubature, ed andrà depurata per sempre perché inquina i terreni ed i corsi d’acqua. Su questo TELT dovrà dare garanzie.

Sempre per il rapporto COWIl’utilizzazione delle acque sinora potabili non sarà scontata e bisognerà fare attenzione perché nello scavo del tunnel si usano prodotti tossici (in particolare il cromo esavalente che è indispensabile come indurente dei cementi speciali) che la inquinano a lungo.

Ed ancora bisogna calcolare l’inquinamento dato dalla temperatura che nella parte centrale del tunnel raggiunge i 75°C a causa dei 2.500 m di roccia soprastante. Le acque che usciranno non saranno raffreddate all’interno della galleria perché il dispendiosissimo impianto di raffreddamento della potenza di 20 MW termici, che fa scendere l’aria a 32 °C è riservato solo all’aria.

Di conseguenza il rapporto COWI nota che vi sarà un inquinamento termico dei corsi d’acqua e che ci si deve attendere la formazione di nebbie e danni alla vivibilità ed alla agricoltura.

Infine, noi possiamo aggiungere che un impoverimento di 70/80 milioni di metri cubi all’anno del bacino del Moncenisio, che sembra una stima ragionevole, farebbe perdere circa mezzo miliardo di KW/h di energia verde di punta aggiungendo un ulteriore danno a quelli prima citati.