post — 15 Giugno 2021 at 11:07

Uscita di security (di Claudio Giorno)

C’era un sole da spaccare le pietre anche il 31 maggio 2003, alla partenza di quella che fu – secondo me – una delle prime marce No Tav cui si può attribuire l’aggettivo “popolare”; la Borgone a Bussoleno; percorso inverso alla Bussoleno-San Didero di ieri, 12 giugno 2021. A parte la temperatura assai diversa e il limitarsi a girare attorno al paese lambendo la statale 25 la prima uscita a Sant’Ambrogio il 2 marzo 1996 era stata infatti una bella iniziativa di sensibilizzazione con i “lenzuoli” di carta su cui era stato disegnato il tracciato allora previsto per il Tav riportato in una scala sufficiente a rendere chiara ai cittadini la minaccia incombente; ma la partecipazione (3mila persone ricorda Mario Cavargna nella sua “wikipediaNoTav”) fu soprattutto di amministratori, degli attivisti di Habitat e ambientalisti, sindacalisti di metalmeccanici e Coldiretti.

Altri, ben altri, sarebbero stati i numeri di tante successive manifestazioni che hanno reso leggendaria la storia del Movimento, ma a quel che mi ha riportato all’estate del 2003 non è solo il caldo o l’itinerario, ma alcune cose che ho notato lungo il cammino e che sono ben visibili in questa “fotostoria” che provo a proporre a chi “c’era ieri e oggi”. Tante similitudini, ma anche tante differenze, non solo le mascherine, responsabilmente indossate dalla stragrande maggioranza dei partecipanti).

Il gigantesco striscione issato dai “rocciatori No Tav” sulla parete verticale della vecchia cava di “Pietra di Borgone” – oggi frequentatissima palestra di roccia – perché fosse ben visibile dal rettilineo della statale del Moncenisio lungo il vecchio edificio monumentale del Cotonificio Vallesusa, da dove saremmo partiti alla volta di Bussoleno.

Tanti, tantissimi bambini allora come oggi, (e chi sa quanti di loro erano ancora “nel mondo della luna”!), tanti striscioni e cartelli individuali preparati con cura nelle settimane precedenti e…

le  bandiere del sole celtico subito dietro allo striscione di apertura del corteo, un’era geologica prima che il “Califfo del Papete” rivoltasse la Lega (e soprattutto i sinceri autonomisti) come non uno, ma migliaia di calzini.

Pochi poliziotti in divisa estiva e senza traccia di equipaggiamento antisommossa…in quasi-relax sulla porta dell’un tempo celebre Pub “irlanborgonese” Dan Donnelly‘s.

San Didero visto dalla statale sembra un luogo lontano, arroccato ai piedi della montagna al riparo persino dell’allora previsto viadotto AV di Borgone che proprio all’altezza della cava si sarebbe inabissato nella montagna per uscirne in un altro cratere, quello in forte “odore di amianto” di Caprie!

Ma è sulla esigua pianura di San Didero che sorge la centrale idroelettrica (una delle tante alimentate dalla rete di canali dei cotonifici che ancora oggi rendono un po’ più verde la produzione di energia elettrica in un’area in cui si spaccia il trasloco di un autoporto per “TIR” per un progetto green): chi lo avrebbe immaginato – allora – che sarebbe divenuta la meta della marcia del 12 giugno di due decenni dopo?

A Bruzolo un’altissima gru telescopica si protende sulla strada con appeso un cartello No Tav da Guinnes dei primati; poi si arriva allo svincolo di Chianocco, ed è occupazione pacifica, ma determinata, dell’Autostrada: tra gli sguardi interrogativi di carabinieri e comunicazioni concitate di agenti della “Digos” in borghese fa il suo ingresso sulla carreggiata autostradale il camioncino della Comunità Montana con i gonfaloni di tutti i comuni della valle scortati dai sindaci in fascia tricolore.

L’arrivo a Bussoleno è nella grande piazza del mercato, intitolata ai Cavalieri di Vittorio Veneto, che nonostante la dimensione “da grande città” sembra “piccola per noi”… Forse solo in occasione della mitica manifestazione del 16 novembre 2005 “io c‘ero” Bussoleno-Susa siamo riusciti a riempirla per intero!

…sabato, 12 giugno 2021…

E’ la stessa piazza che ci accoglie oggi per la partenza alla volta di San Didero;  ed è la professoressa Bruna Consolini che raccoglie il testimone delle precedenti amministrazioni accogliendo – in fascia tricolore – i colleghi sindaci e i giornalisti.

Prima della partenza del corteo prendono la parola diversi primicittadini, il presidente della Unione Montana Pacifico Banchieri, il professor Alberto Poggio a nome dei tecnici non profit che assistono da sempre gli amministratori che non si fidano dell’oste – si profit – che garantisce che solo il suo vino non è adulterato…

Si rivedono le divise dei ciclisti No Tav protagonisti, qualche anno fa, di un trionfale Tour Non Tgv, si risente la banda “canta che non passa”,  e poi è tutto uno sventolare di bandiere e striscioni al vento (che per fortuna attenua un po’ il cambiamento climatico testimoniato dall’anticiclone africano che i Gisette riuniti in Cornovaglia dicono di voler combattere appaltando (magari alla stessa mafia dei gasdotti) una seconda “Via della Seta”…

Bandiere dei Cobas e dell’Occitania (sempre presenti), di Rifondazione e della Palestina, di Legambiente del Piemonte degli anarchici e dei centri sociali… E Tante, tantissime bandiere del Movimento che si oppone non al treno ma a chi è interessato unicamente alla gestione delle “Stazioni appaltanti”.

E qualche traccia – nonostante il Covid – anche di No Tav d’oltralpe con le inconfondibili Tshirt e striscioni.

E non poteva mancare il cartello work in progress che fa il verso alla stampabugiarda che (circondato da due ali di folla) recita “siamo i soliti 4 gatti”.

Così fino a San Didero, davanti al bunker in raffinato “stile architettonico Telt”: prefabbricati in calcestruzzo a sostegno delle griglie metalliche sormontate e loro volta da filo spinato modello Netanyahu (anche nelle tangenti?): un’area blindata invalicabile senza neanche più la foglia di fico della dichiarazione di “zona di interesse strategico militare”. Con centinaia di agenti che la occupano da settimane h 24 (divisi su tre turni), non lesinando lacrimogeni e idranti (questi ultimi quando faceva più freddo) e nonostante le palesi violazioni urbanistiche denunciate dai sindaci.

Su questo tuona indomabile Alberto Perino.

Ma oggi è la solidarietà che scorre a fiumi, da Napoli, da Bologna sono saliti in questo lembo di nordovest tanti ragazzi per cui – nostro malgrado – noi – la nostra lotta – “sono di esempio”; ci si può opporre per anni (e per anni ancora) al sopruso anche e soprattutto quando è “di stato”.

Perché, come ammonisce un  caro amico No Tav che fa l’assicuratore, se io – privato cittadino – passo col rosso “è un casino”, ma se a passare col rosso è “Lo Stato” allora come se ne esce?

Borgone Susa, 13 giugno 2021 – Claudio Giorno

https://claudiogiorno.wordpress.com/2021/06/13/uscita-di-security/