post — 7 Settembre 2015 at 10:18

Se la sua è cattiveria, io la prendo per mano

Unknown
da Il Manifesto di M. Zucchetti – C’è una ragazza stu­dente che sta a Torino. La chia­me­remo Fran­ce­sca, ma è un nome che potrebbe essere di fan­ta­sia. Fran­ces, diciamo.

Fran­ces è nei suoi vent’anni, nella prima parte, per­ciò è gio­vane; dopo il liceo ora stu­dia Socio­lo­gia. È bril­lante, così ci dicono i professori.

Fran­ces è una com­pa­gna. Ed è — come è natu­rale  ed ovvio che sia — una notav. Ma non è, per nulla,  ovvio, l’impegno che mette nell’avere coscienza di com’è quella certa società — ingiu­sta — dove vive.

Ingiu­sta. È una parola che pesa come un maci­gno, a vent’anni. Che può pie­gare le gambe. Ma in que­sto caso non schiac­cia, quel maci­gno: fa da con­trap­peso, come. Pen­siamo ad una leva, e da una parte c’è il maci­gno, men­tre dall’altra c’è lei che viene pro­iet­tata in alto. Come sull’altalena di un parco gio­chi, quello fre­quen­tato vicino a casa non tanto tempo fa, nel 2000, ad esem­pio. Appena ieri.

Ma nel 2015 non è più il parco gio­chi, è la vita. Dove abbiamo impa­rato che non si gioca più, che ci costrin­gono, loro che gio­cano sporco, a non poter gio­care più.

Fran­ces si trova su quella nuova alta­lena, e viene pro­iet­tata in alto. Vede il mondo — ingiu­sto —  sotto di lei, intorno a lei. Ma non den­tro, per for­tuna. E non ovun­que, intorno: ci sono i com­pa­gni, sparsi un po’ intorno.

Essere sbal­zata in alto la porta a scri­vere “Rifu­giati wel­come”, e la porta ad essere anti­fa­sci­sta, ed anti­raz­zi­sta. La porta a voler andare ad un pre­si­dio, a Torino, il 6 set­tem­bre, in soli­da­rietà con sei com­pa­gni arre­stati, sotto il car­cere tori­nese delle Val­lette. Soli­da­rietà con loro che ave­vano mani­fe­stato con­tro il raz­zi­smo di un poli­ti­cante che non vale la pena di nomi­nare qui.

Quel pre­si­dio c’è stato, que­sta sera 6 set­tem­bre, ma Fran­ces non c’era. O meglio: c’era, ma dall’altra parte, dato che la notte pre­ce­dente era stata arre­stata, insieme ad altri com­pa­gni, men­tre oltre le reti del for­tino dell’inutile tun­nel di prova del Tav di Chio­monte cer­cava di avvi­ci­narsi al cantiere.

Leg­giamo sui reso­conti di un paio di mezzi della poli­zia con la car­roz­ze­ria dan­neg­giata e vetri infranti. Leg­giamo di nes­sun ferito.

Leg­giamo poi il reso­conto scarno del Movi­mento. “Ieri sera un nutrito gruppo di no tav ha cer­cato di avvi­ci­narsi al can­tiere della Val Cla­rea. Durante l’iniziativa un reparto di poli­zia è riu­scito a divi­dere il gruppo in due tron­coni uno dei quali non è più riu­scito ad allon­ta­narsi. Gli arre­stati sono otto tra cui uno stu­dente delle scuole supe­riori di Torino che è stato por­tato al car­cere mino­rile di Torino. Altri 4 sono stu­denti uni­ver­si­tari tori­nesi, un altro un com­pa­gno del cen­tro sociale Aska­ta­suna e due No Tav bolo­gnesi. Que­sti arre­sti non ci inti­mi­di­scono e non fer­me­ranno la nostra lotta che è fatta di tanti momenti, tra cui le ini­zia­tive not­turne con­tro quel can­tiere che deva­sta e uccide il nostro ter­ri­to­rio e il futuro di tutti. Sta­sera con­fer­miamo il pre­si­dio sotto il car­cere delle Val­lette, appun­ta­mento alle 19 al capo­li­nea del tre.”

Riflet­tiamo, spo­glian­doci per un momento dalle nostre con­vin­zioni. Se qual­cosa porta 14 per­sone in car­cere in due giorni, per occa­sioni diverse, deve appunto esserci, que­sto qual­cosa. Stu­denti. Anche mino­renni. Non pare essere “il gesto cri­mi­nale di un folle”. Pare di più essere il carico che piega le gambe, l’ingiustizia. Pare essere quel maci­gno del quale par­la­vamo prima, che opprime molti, piega le gambe a certi, e prio­ietta molti altri verso l’alto. Fino a farli par­te­ci­pare ad un pre­si­dio sotto un car­cere. Poi cer­tuni ci fini­scono, in quello stesso car­cere, e il pre­si­dio cui vole­vano par­te­ci­pare lo fanno i com­pa­gni rima­sti liberi: si fa anche per loro.

Fran­ce­sca; auguro esca fuori — insieme a tutti i com­pa­gni — da quel car­cere, velo­ce­mente. E che possa con­ti­nuare con Socio­lo­gia. Per­ché c’è molta ingiu­sti­zia, da contrastare.

Se la sua è cat­ti­ve­ria, io la prendo per mano. Ce ne andremo lontano.