L’attuale Ministro dei Trasporti brilla soprattutto nel precettare i lavoratori del trasporto pubblico, e lo fa a prescindere dalle ragioni e modalità con cui uno sciopero, il cui diritto è già fortemente limitato da una serie stringente di regolamentazioni, viene proclamato. Non a caso è stato ironicamente soprannominato durante numerosi cortei di lavoratori: “Precetto La Qualunque” per la forte somiglianza, nella sua azione politica, con Cetto La Qualunque il personaggio televisivo e cinematografico del comico Antonio Albanese.
Con queste continue precettazioni, alcune parzialmente o integralmente rispedite al mittente, Matteo Salvini dimostra totale disinteresse rispetto alle ragioni delle lotte dei lavoratori che non fanno sciopero per diletto, perdendo una quota di retribuzione in un periodo economico e sociale molto difficile, ma per contratti di lavoro scaduti i cui tempi di rinnovo slittano sempre alle calende greche, per protestare contro un organizzazione del lavoro sempre più speculativa e al ribasso rispetto al necessario numero dei lavoratori e poco attenta alla loro sicurezza, e per retribuzioni decisamente inadeguate. A questo proposito va sottolineato che l’Eurostat (Ufficio di Statistica Europeo) ha certificato che i salari reali, cioè la retribuzione netta parametrata al potere d’acquisto, mettono l’Italia in coda rispetto agli altri Paesi: lo stipendio medio in Germania è superiore del 45% rispetto all’Italia e in Francia è superiore del 18%. Non c’è da stupirsi quindi se molti “giovani talenti” scelgono di andare a lavorare all’estero per le migliori condizioni di lavoro e di retribuzione.
Ma con la precettazione Matteo Salvini, sempre più spericolato e sempre meno credibile – e vien da dire che la Lega di Bossi e Maroni era più seria –, mira ad altri due risultati: il primo è una ulteriore limitazione del diritto di sciopero; il secondo è un’operazione strisciante di denigrazione delle lotte dei lavoratori per catturare, strizzando l’occhio destro e qualunquista, il consenso dei cittadini per i disagi rispetto all’interruzione dei trasporti (interruzione oltretutto limitata dalle fasce orarie garantite).
Questa azione di denigrazione e disinformazione è supportata dai media che in occasione degli scioperi non ne spiegano le motivazioni, non danno voce ai lavoratori in lotta ma principalmente ai cittadini che, in questa fase di acuto individualismo, sono sempre disponibili a crocifiggere il ferroviere o l’infermiere in sciopero, e non si interrogano sul fatto che chi lavora ha il diritto a un’equa retribuzione, al rinnovo dei contratti in tempi certi e non segnati da una logica di “diritti a perdere”. In questa operazione i media, controllati da gruppi editoriali che ben conoscono l’utilità del meccanismo do ut des con il potere politico, con lo schema fisso che utilizza l’aggettivo nero affiancato al giorno dello sciopero “venerdì nero” o “mercoledì nero”, “Italia spezzata in due”, “Italia bloccata”, giocano il ruolo di creare una sorta di cordone sanitario tra le categorie di lavoratori che entrano in sciopero e i cittadini.
Diversamente in Francia resiste il valore del “servizio pubblico” per cui i lavoratori in sciopero non sono visti come una categoria che lotta solo per i propri (legittimi) diritti, ma anche nell’interesse generale rispetto alla qualità del servizio che deve essere erogato. È la consapevolezza che il servizio pubblico deve essere al servizio dei cittadini, ed è quindi un “bene comune”, che permette in Francia l’unità tra lavoratori in sciopero e cittadini che, a differenza della situazione in Italia, non sono ammaliati da articoli scandalosamente allarmistici dei media anche quando gli scioperi proseguono ad oltranza.
Ma torniamo al Ministro dei Trasporti: con la manovra di bilancio per il 2025 Matteo Salvini vanta come un successo personale l’ulteriore finanziamento di un miliardo per la tratta TAV Torino Lione. A questo punto sorge una domanda: ma proprio non lo sa che la Francia ha rinviato a dopo il 2040 l’eventuale costruzione della tratta TAV tra Saint Jean de Maurienne e Lione, subordinandola per di più a un reale e ipersensibile aumento del traffico e che quindi ad oggi, e a distanza di trent’anni dal progetto iniziale, si sta lavorando, oltre al dissesto del territorio della Valle di Susa spostando l’autoporto da Susa a San Didero, solo per un ridicolo tratto TAV tra Susa e Saint Jean de Maurienne (quindi praticamente solo per il tunnel di base lungo 57,5 km e fine a se stesso…). Ricordare che per anni le lobbie interessate all’opera e i politici compiacenti hanno rimbambito l’immaginario collettivo del Paese con frasi tanto roboanti quanto vuote come: TAV sulla Via della Seta oppure TAV da Kiev a Lisbona sarebbe come sparare sulla Croce Rossa.
E rispetto al ponte sullo Stretto? «Ci sono parecchi ingegneri che dicono che non sta in piedi». E «non vorrei spendere qualche miliardo di euro per un ponte in mezzo al mare quando sia in Sicilia che in Calabria i treni non ci sono e vanno a binario unico». Non è una dichiarazione dei comitati NO PONTE ma di Matteo Salvini, rilasciata nel 2016 a LA7. Si può quindi diventare anche – come in molti sostengono – “Dico La Qualunque” nel senso che si può dire tutto e il contrario di tutto al punto che oggi Matteo Salvini, sempre nella manovra di bilancio 2025, vanta di aver aumentato di ulteriori 1,4 miliardi il finanziamento per il Ponte sullo Stretto (lo stesso Ponte di cui criticava fattibilità e spesa).
Premere per l’Alta Velocità da Susa a Saint Jean de Maurienne spacciandola, grazie alla disinformazione sulla reale situazione, per l’inesistente Torino-Lione, spingere per il Ponte sullo Stretto per il Ministro dei Trasporti è probabilmente un tentativo di evitare di fare i conti con la crisi della sua leadership nella Lega, ma anche un diversivo per non affrontare i più concreti e complessi problemi dell’attuale rete ferroviaria che periodicamente entra in tilt sulle tratte ad Alta Velocità e mal funziona sulle tratte regionali.
Di Giovanni Vighetti, da Volere la Luna