post — 22 Gennaio 2013 at 10:55

In giro per minerali d’uranio e amianto in Valsusa

Lo scienziato borderline -D’ambiente, nucleare, TAV e altri mostri…di Massimo Zucchetti

Mio padre era ingegnere minerario ed insegnava geologia e giacimenti minerari. Mi portava in giro, quando ero ragazzino, in cerca di minerali, ed erano belle giornate ad arrampicarsi per i monti, a piccozzare e trovare piccoli tesori.

Oggi, voglio portare voi a fare altrettanto, scegliendo un sito particolare e dei minerali particolari. Andiamo in Val Susa, e cerchiamo i minerali di uranio, torio e amianto.

Alcuni sostengono che in quella Valle quei materiali sono praticamente assenti, e che non costituiranno un problema casomai qualcuno volesse mettersi a scavare dei buchi e tirare fuori roccia da quelle montagne. Da più parti si sostiene invece il contrario, portando dati e rilevamenti fatti a partire dagli anni 60. Abbiamo già dibattuto tanto su questi aspetti, ma oggi facciamo qualcosa di diverso, parliamo non di rocce, ma di bei minerali per le nostre collezioni.

Un primo minerale di uranio imporante è l’uraninite. Si tratta di un ossido misto di uranio e torio. Se andiamo a dare un’occhiata ad un sito che cataloga tutti i minerali esistenti nel mondo, in tutte le possibili località, troviamo molti dati anche per la Valsusa.

In località Grange della Valle, Exilles, Valle di Susa, sono segnalati importanti siti con presenza di uraninite. Fra l’altro, potete anche fare una bellissima escursione a piedi fino al Rifugio Levi Molinari, sito a 1850 metri di altezza.

Autunite, minerale d'uranio

Autunite, minerale d’uranio
(da http://www.mindat.org/photo-19380.html)

Un’altra località famosa per l’uranininte e per la pechblenda è il Monte Seguret, con la sua miniera vicino a Oulx. Famosa in quanto famigerata. Vi sono state testimonianze che parlano della vecchia minera di ferro aperta dalla Fiat negli anni 30, in località Rio Secco. Le testimonianze ci dicono che moltissimi operai di quella miniera morirono, e si attribui la loro malattia polmonare alla silicosi. Ma in quelle rocce, a sentire le testimonianze di allora ”c’era qualcosa che ammazzava la gente”. Il radon, emissione dell’uranio, e i tumori polmonari da esso provocati allora non erano ancora stati scoperti, quindi il dubbio – pur legittimo – resterà tale.  Che fine fece la miniera? Cessati i contributi dello Stato, la Fiat sospese le ricerche e poi chiuse il cantiere. Ma negli anni ’60 – nel periodo del boom dell’energia atomica – arrivarono degli specialisti del Centro Ricerche Nucleari della Fiat con apparecchiature per rilevare la radioattività, ed iniziarono dei sondaggi. A cento metri dalla ex miniera di ferro della Fiat individuarono un filone di pechlenda, minerale d’uranio. Furono aperte due gallerie, poi improvvisamente tutto venne abbandonato: quel minerale non era competitivo economicamente con quello reperibile all’estero.

Ma torniamo alla nostra caccia di minerali d’uranio in Val Susa. Un altro “buon posto” è Salbertrand, sempre in Valle: qui troviamo, oltre l’uraninite, anche l’autunite, un altro minerale di uranio. In quella zona, altri scavi vennero probabilmente fatti dalla FIAT, sempre in epoca anni 60, in località S. Romano, che è proprio sotto la direttrice verticale della vena uranifera del Seguret.

Non potremmo concludere un giro “a caccia di minerali d’uranio” in Val Susa senza parlare del Molaretto, il sito fra Chiomonte e Giaglione lungo la statale del Moncensio. In queste “miniere”, in realtà gallerie di prova e di saggio effettuate dall’Agip negli anni 70, per verificare l’esistenza di minerale di uranio, mi sono recato di persona alcune volte, facendo verificare a chiunque volesse, munito di rivelatore di radiazioni, gli elevati livelli di radioattività che si raggiungono in quegli angusti tunnel. In realtà, quel sito è solo uno dei 28 affioramenti di uranio che l’Agip negli anni ‘70 aveva individuato in Valle di Susa.  Prima ancora, nel 1960, la Somiren SpA avviò una campagna di prospezione tra Venaus, Novalesa e Giaglione: si scoprirono affioramenti uraniferi consistenti proprio al Molaretto, ma l’impresa anche quella volta fu valutata non conveniente per lo sfruttamento industriale. Nuovi studi nel 1965 da Sergio Lorenzoni e nuove conferme: rilevanti formazioni di uranio nel sottosuolo del massiccio dell’Ambin. A seguire, lo studio di un altro tecnico, Daniele Ravagnani, che per conto del Gruppo Mineralogico Lombardo mappa i giacimenti di uranio in val Susa segnalando soprattutto due affioramenti, quello di Molaretto sopra Venaus e quello di San Romano, nelle vicinanze di Salbertrand, di cui abbiamo appena parlato. Diversi studiosi, in epoca “nucleare”, fino agli anni 70, definirono quella zona del Molaretto come “uno dei più interessanti giacimenti uraniferi delle valli occidentali piemontesi”. Per i riferimenti esatti a quegli studi rimando alle mie relazioni scaricabili qui e qui.

E’ forse meno affascinante dei minerali di uranio, che hanno aspetto molto attraente per gli appassionati, ma la Valle di Susa è anche un buon posto per la ricerca dei minerali contenenti amianto. Essi hanno nomi poco noti, o che – se sono noti – destano, più che passione, paura per l’essere associati ai terribili effetti sulla salute dell’amianto stesso: antofillite, tremolite, actinolite, crocidolite, per citarne solo i principali.

Ebbene, oltre alla presenza ben nota di rocce amiantifere in Valle, minerali d’amianto di rilevante interesse per i “collezionisti” si possono trovare in Valususa a Sant’Ambrogio di Torino, per quanto riguarda la Tremolite.

Se alla vostra collezione manca invece l’Actinolite, suggerisco il Col Gimont, nel comune di Cesana, sempre in Val Susa. Oppure, l’Actinolite potete trovarla a Roche Major, nel comune di Oulx.

Astraendosi un momento dalla ricerca di bei minerali, la presenza di amianto ha caratterizzato da decenni la storia della Valsusa: ricordiamo la chiusura dopo una lunga battaglia delle cave di serpentino di Trana, ed ancora il ritrovamento di amiantifero  nei sondaggi geognostici per la pista da bob a San Marco-Jouvenceaux. Ricordiamo il Musinè, massiccio colle noto non soltanto per le scritte che compaiono sui suoi fianchi e per alcune leggende ad esso collegate, ma anche, più prosaicamente, per la presenza di ”rocce verdi”, come vengono chiamate le rocce contenenti l’amianto. La bassa valle di Susa è il li­mite inferiore del “massiccio ultrabasi­co di Lanzo”, un grande massiccio geo­logico nel quale è riconosciuta la presenza di rocce potenzialmente contaminate da presenza naturale di vene asbestiformi (ofioliti, pietre verdi e serpentiniti): in particolare, le serpentiniti rappresentano il litotipo più diffuso ed affiorano sia in destra che in sinistra orografica della bassa Valle Susa. Le serpentiniti sono notoriamente rocce potenzialmente amiantifere. Amianto è poi anche presente nella collina morenica di Rivoli, con massi erratici costituiti da serpentiniti, metagabbri e prasiniti, che contengono minerali d’asbesto. Le  rocce del “massiccio ultrabasi­co di Lanzo”, che abbiamo citato per la bassa Val Susa, fanno parte dello stesso massiccio geologico di Balangero. Le serpentiniti sono le stesse del monte San Vittore della cava di amianto di Balangero. La genesi di questi serpentini e la loro età è la stessa. Non si può quindi escludere che anche le serpentiniti del Musinè e di Almese contengano crisotilo, l’amianto del serpentino. In effetti, la sua presenza è già segnalata nella relazione di accompagnamento della “Carta geologica d’Italia, foglio 56, Torino”, redatta dal Servizio Geologico d’Italia.

Bene. Credo che questa piccola guida per “appossionati” di minerali di uranio e di amianto in Valle Susa abbia fornitobuoni spunti per chi è interessato a questo tipo di minerali.

Un’unica avvertenza è d’obbligo, per gli escursionisti minatori: abbiate cura di verificare, prima di recarvi in cerca di uranio e amianto, che l’area che intendete esplorare non sia già occupata dai cantieri per il Traforo Alta Velocità Torino-Lione. In quel caso, non vi lascerebbero entrare e addio gita. E non varrebbe neppure la pena andare a cercare i minerali nelle cave dove verrà smaltito lo smarino degli scavi: lì, l’uranio e l’amianto ci sarebbero ancora, ma solo sotto forma di polveri, quindi non interessanti dal punto di vista collezionistico.

 

Alcuni riferimenti per approfondire:

– Ravagnani, D. (1974). I giacimenti uraniferi italiani e i loro minerali. Gruppo Mineralogico Lombardo – Museo Civico di Storia Naturale, Ed., Milano 188 pp.

– Barresi, A. (1999). La Val di Susa e i suoi minerali volume 2. Gruppo Mineralogico e Paleontologico C.A.I.-U.G.E.T, Torino 32 pp.

– Piccoli, G.C., Maletto, G., Bosio, P., Lombardo, B. (2007). Minerali del Piemonte e della Valle d’Aosta. Associazione Amici del Museo “F. Eusebio” Alba, Ed., Alba (Cuneo) 607 pp.