post — 19 Marzo 2021 at 13:56

Cantiere TAV, una tranquillità apparente in Valle

Pubblichiamo molto volentieri un’articolo apparso il 16 marzo scorso sul sito https://serenoregis.org/ a firma Elena Camino

“Compra un posto in prima fila” è il nome della campagna per l’acquisto capillare di terreni minacciati dalla posa di cantieri TAV, suddivisi in piccoli lotti da un metro quadro ciascuno. Il primo turno fu alla Colombera nel marzo 2008: 1397 mini-lotti subito andati a ruba. Tre mesi dopo a Venaus venduti 1500 lotti – a ruba anche questi. Nel 2010 è la volta dell’acquisto della Maddalena in Val Clarea: 900 metri quadri suddivisi in 64 lotti, nel cuore del cantiere. Infine… «Un ultimo raduno per l’acquisto di terreni minacciati si era svolto in un gelido e fradicio giorno d’ottobre del 2012, su un prato di San Giuliano di Susa. Più di mille persone a fare la fila sotto pioggia e nevischio, per presentarsi una alla volta davanti al notaio – lo stesso notaio delle volte precedenti, Roberto Martino, uno che in quelle circostanze doveva divertirsi un mondo – e comprare un metro quadro di terra a testa» (Wu Ming 1 su Internazionale).

Visita ad un cantiere ‘tranquillo’

Sono una delle 1054 persone che nel 2012 hanno acquistato in comproprietà un terreno ubicato nel Comune di Chiomonte. Il 18 gennaio 2021 mi è arrivata da parte della Società italo/francese TELT la notifica di un decreto di esproprio ‘permanente e definitivo’, e sono stata invitata a presentarmi il 9 marzo 2021 alle ore 16 al Varco 1, presso la centrale idroelettrica, dove con un tecnico incaricato avrei dovuto procedere «in contraddittorio alla compilazione del verbale di immissione in possesso e dello stato di consistenza dei beni da occupare».
Nelle ultime due settimane mi sono recata tre volte al cantiere TAV (le prime due volte come delegata, la terza come diretta interessata): in treno da Torino a Chiomonte, poi a piedi lungo le viuzze del paese, breve sosta presso il piccolo presidio NOTAV e poi giù, per la strada che porta al fondovalle. Già da lontano si intravedono molti mezzi (carabinieri, polizia, qualche pulmino); via via distinguo gruppetti di uomini (pochissime le donne che ho poi incontrato): alcuni con divise scure, altri con giubbotti sgargianti. Più in là incontrerò anche dei giovani con l’uniforme mimetica dell’esercito.  Colpiscono le numerose recinzioni, i grandi cancelli, il filo spinato ‘militare’. In questo scenario le persone ‘espropriate’ arrivavano puntuali e tranquille, attente e curiose.

La sera del 21 febbraio, il giorno prima dell’inizio delle pratiche di esproprio, il Prefetto di Torino ha emesso un’ordinanza dichiarando zona rossa tutta l’area circostante il cantiere.

Nelle tre situazioni in cui mi sono trovata ho percepito atmosfere diverse: la prima volta, il 22 febbraio, era anche il primo giorno in cui si avviavano le procedure: faceva freddo, le cose andavano a rilento e si accumulavano ritardi.

Un po’ perché i primi proprietari, verificando di persona i terreni, segnalavano alcune incongruenze tra i documenti forniti da TELT e lo stato dei luoghi, e chiedevano di mettere a verbale numerose osservazioni. Ma un po’ anche per la scarsa organizzazione: mancavano tavolini sui quali appoggiarsi per scrivere, mancava la carta carbone per fare le copie, mancava persino una toilette! Le forze dell’ordine erano numerose, qualche funzionario un po’ brusco nel chiedere i documenti. I responsabili TELT con me sono stati gentili e affabili.

Tornando altre due volte ho colto qualche cambiamento: c’era il sole, la gente era più rilassata, gli uomini delle forze dell’ordine meno rigidi, forse un po’ annoiati.

Alle domande che ho posto (fatte un po’ per capire, un po’ per stabilire una relazione ‘umana’) ho avuto risposte gentili ma ‘vuote’: nessuno sa quanti militari sono impiegati, quanti funzionari TELT, chi sono i ‘testimoni’ che firmano i verbali, quali sono gli uomini della DIGOS, chi ha deciso questo spiegamento di forze durante gli espropri, quale impegno economico comporta questa operazione, e a carico di chi…

E’ stata una bella idea

Sono riconoscente ai NOTAV  per aver proposto – anni fa –  l’acquisto collettivo un terreno ‘sensibile’ nell’area in cui le carte TAV prevedevano l’apertura di un cantiere particolarmente strategico. Al di là degli esiti, penso che questa iniziativa sia stata assai positiva: ha coinvolto molti cittadini che, finora sostenitori da lontano, in questi giorni hanno potuto recarsi direttamente sul luogo, e sperimentare personalmente la condizione di militarizzazione che è stata imposta.  La bellezza di questa parte della Valsusa, con i vigneti lungo i pendii, i paesi, e le decine e decine di sentieri escursionistici sui due versanti, mette in evidenza la devastazione del cantiere, e la contraddizione tra due visioni del mondo e due modi di vivere.

Dal cantiere avrei voluto raggiungere a piedi Giaglione, e di lì percorrere un bel sentiero che porta fino a Susa. Mi è stato impedito di farlo: un ‘capo’ della polizia mi ha spiegato che non poteva autorizzarmi, perché era in atto un ordine prefettizio e l’intera area era interdetta.

Ragioni inascoltate in passato..

Sul sito curato dal Movimento NOTAV è possibile documentarsi sulla storia di questo movimento, nato negli anni ‘80 del secolo scorso e protagonista – per decenni – di una varietà di iniziative, non solo di protesta:  iniziative culturali, testimonianze, pubblicazioni, organizzazione di convegni, creazione di reti internazionali… Sul sito sono reperibili anche le numerose denunce espresse dal Movimento nei confronti delle società private e degli enti pubblici che in tutti questi anni hanno proseguito – talvolta contro la legge – a operare nella Valle, nonostante l’opposizione degli abitanti e le circostanziate  osservazioni critiche espresse da esperti di tutti gli ambiti (dai giuristi agli ecologi, dagli ingegneri ai medici, dai sindaci ai guardiaparco). Una voce particolarmente autorevole sul piano morale è stata quella del Tribunale Permanente dei Popoli, un tribunale ‘di opinione’ che nel novembre 2015 ha emesso una sentenza assai articolata in cui, tra le molte dichiarazioni, può essere interessante ricordarne alcune:

  • in Val di Susa si sono violati i diritti fondamentali degli abitanti e delle comunità locali;
  • queste violazioni si sono realizzate tanto per commissione che per omissione;
  • in particolare, dichiarano abusivamente i territori attinenti alla costruzione di grandi opere “zone di interesse strategico”, con regimi speciali che modificano e interferiscono con le competenze di gestione del territorio escludendone le amministrazioni locali;
  • le persone che si mobilitano contro il TAV, come contro l’aeroporto di Notre Dame des Landes o in altri progetti, devono essere considerate come “sentinelle che lanciano l’allarme”…
  • il ricorso alla denigrazione e alla criminalizzazione della protesta è la documentazione più evidente della inconsistenza e della mancanza di credibilità degli argomenti dei promotori delle grandi opere…
  • l’autorizzazione per l’inizio dei lavori per il tunnel della Maddalena è particolarmente grave, in quanto decisa prescindendo dal principio di precauzione […] oltre che dal principio di prevenzione […];
  • la responsabilità di queste violazioni deve essere attribuita in primo luogo ai governi italiani che si sono succeduti negli ultimi due decenni, alle autorità pubbliche responsabili della assunzione delle decisioni e delle misure che sono state sopra denunciare, ai promotori del progetto e all’impresa responsabile della sua esecuzione TELT (Tunnel Euralpin Lion Turin);
  • la responsabilità di queste violazioni deve essere attribuita anche all’Unione Europea che, con la sua omissione di risposte concrete alle denunce ripetutamente formulate dalle comunità colpite e presentate alla Commissione di petizioni del Parlamento europeo.

..e ragioni inascoltate nel presente!

Negli ultimi anni sono avvenuti nel mondo grandi rivolgimenti, che hanno costretto i governi, le istituzioni, le imprese, e la gente in generale a modificare regole, prospettive, stili di vita… Alcuni NOTAV pensavano che finalmente sarebbero stati riconosciuti come ‘sentinelle’, e che i principi di precauzione e di prevenzione sarebbero stati inseriti nelle agende politiche. Ma non è andata così.  Il progetto della linea Torino-Lione è andato avanti come se niente fosse – anzi – meglio di prima, come si leggerà più avanti.

Il problema climatico

Il 2015, anno in cui è stata emessa la sentenza del TPP, è anche l’anno in cui è stato adottato alla Conferenza di Parigi sul clima (COP21) l’accordo di Parigi, il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici, entrato poi in vigore il 4 novembre 2016.

La conferenza di Parigi prende atto – dopo decenni di denunce inascoltate da parte di studiosi, esperti, comunità locali – della drammatica condizione di instabilità del sistema Terra, provocata da ripetute, crescenti, dissennate azioni umane compiute sugli ecosistemi a livello globale e locale. La pressione antropica esercitata estraendo flussi crescenti di materia e di energia dagli ambienti naturali per produrre ‘cose’ artificiali (dalle grandi opere ingegneristiche alle pervasive reti informatiche), ha causato trasformazioni irreversibili nel nostro pianeta, e ha innescato processi di ‘riadattamento’ della Terra ai quali l’umanità potrebbe risultare inadatta.

Com’è noto i governi hanno concordato di contenere l’aumento medio della temperatura mondiale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine, e di puntare a limitare l’aumento a 1,5°C, dato che ciò ridurrebbe in misura significativa i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici.  L’accordo riconosce il ruolo dei soggetti interessati che non sono parti dell’accordo nell’affrontare i cambiamenti climatici, comprese le città, altri enti a livello subnazionale, la società civile, il settore privato e altri ancora, e li invita a (a) intensificare i loro sforzi e sostenere le iniziative volte a ridurre le emissioni, (b) costruire resilienza e ridurre la vulnerabilità agli effetti negativi dei cambiamenti climatici, (c) mantenere e promuovere la cooperazione regionale e internazionale.

Stando a quanto si legge nei documenti ufficiali, L’UE è stata in prima linea negli sforzi internazionali per lottare contro i cambiamenti climatici. È stata determinante per l’intermediazione dell’accordo di Parigi e continua a mostrare un ruolo guida a livello mondiale.

Tuttavia dalle Istituzioni europee e italiane non sono state fornite delle risposte tranquillizzanti alle richieste di chiarimenti inviate da esperti NOTAV : Lettera Aperta ai Decisori Politici, 19 novembre 2020;  Lettera Aperta a Ursula von der Leyen, 18 dicembre 2020.

Une delle domande, in particolare, riguarda specificamente l’aspetto climatico: “Lo scavo del tunnel internazionale tra Italia e Francia comporterebbe, secondo i proponenti l’opera, un’emissione complessiva di 10 milioni di tonnellate di CO2 (valutazione non certificata da alcuna autorità indipendente): in che modo la Torino-Lione è coerente con la strategia climatica dell’Unione europea?” 

Le implicazioni del COVID

Il dilagare della pandemia (o, come alcuni preferiscono dire, della sindemia) generata dalla diffusione globale del virus COVID-19 ha causato gravissime difficoltà non solo nel settore della salute, ma anche nell’organizzazione della società. Gli spostamenti di persone e di merci si sono ridotti tantissimo.  Tra le domande in attesa di risposta ce ne sono un paio che riguardano proprio i flussi umani e materiali.  “Ma lei davvero immagina, per la generazione che oggi è adolescente, un futuro fatto di quantità crescenti di materia, lavorata e non, spostate di qua e di là per il mondo e in specifico per l’Europa?” E ancora: “Sbaglio se dico che alla base di una qualsiasi infrastruttura di trasporto ci sta un traffico, in atto o prevedibile, adeguato all’impegno richiesto dalla costruzione e dall’intrattenimento dell’infrastruttura medesima?”

Milioni di persone hanno perso il lavoro. Un’altra domanda posta ai Decisori, e ancora in attesa di risposta, è la seguente: Gli investimenti ad alta intensità di capitale producono più posti di lavoro degli investimenti finalizzati al perseguimento dell’obiettivo della neutralità climatica e della resilienza diffusa?”

Il Tav e il ‘dual use’

Sono riconoscente ai NOTAV non solo per la proposta creativa di ‘comprare un posto in prima fila’, ma anche perché mi hanno incoraggiata ad approfondire numerosi aspetti della questione che mi erano del tutto sconosciuti. In particolare mi riferisco alla lettera pubblicata poche settimane fa dal Gruppo ‘Cattolici per la vita della Valle’, che ha richiamato l’attenzione dei lettori sul rapporto tra le reti di trasporto trans-europee e la ‘mobilità militare’.

Ho scaricato e letto numerosi documenti segnalati dai ‘cattolici’ e pubblicati sui siti dell’Unione Europea, dai quali emerge il forte interesse per completare e potenziare la rete transeuropea di trasporto (TEN-T). La rete TEN-T è nata nel 1993 allo scopo di creare uno spazio unico europeo dei trasporti basato su un’unica «rete transeuropea completa, integrata e multimodale tra trasporto terrestre, marittimo e aereo, che comprenda e colleghi tutti gli stati membri dell’UE in maniera intermodale ed interoperabile».  Ma nel corso degli anni si inserisce un elemento nuovo: da un documento della Commissione Europea apprendo che «facilitare gli spostamenti delle truppe e delle risorse militari è fondamentale per la sicurezza dei cittadini europei e per costruire un’Unione più efficace, reattiva e coesa». Federica Mogherini, alta rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, afferma che «facilitando la mobilità militare all’interno dell’UE possiamo essere più efficaci nel prevenire le crisi, efficienti nel dispiegare le missioni e rapidi nel rispondere alle sfide quando si presentano. Questo è un altro passo avanti nel consolidamento della nostra cooperazione a livello di UE, anche nel quadro della cooperazione strutturata permanente che abbiamo da poco varato formalmente e con i nostri partner, iniziando con la NATO».

Continuo a leggere documenti, e incontro difficoltà crescenti a ricostruire la storia che illustra la progressiva militarizzazione del sistema di trasporti dell’Unione Europea. Qualche traccia si può leggere nella NOTA a fine articolo: La militarizzazione dei trasporti UE.

Arrivando alla conclusione delle mie faticose ricerche sui documenti, leggo che il 12 marzo 2021 viene data notizia di un accordo tra Consiglio e Parlamento Europeo (Agreement on 2021-2027 Connecting Europe Facility) che prevede finanziamenti per 33.71 miliardi di € a progetti strategici in tre settori (trasporti, energia, digitale). Una parte dei finanziamenti destinati ai trasporti è destinata a migliorare la mobilità militare entro l’Unione Europea, secondo il principio del ‘dual-use’: tale cioè da soddisfare sia esigenze civili che militari.

Rimango con un interrogativo – e spero che qualcuno mi aiuterà a trovare risposta: la linea Torino-Lione è coinvolta? Riceve o riceverà finanziamenti specifici per la mobilità militare? Dovrebbe rispondere al criterio di ‘dual-use’?

Più tristezza che rabbia

Dopo le mie tre visite al cantiere di Chiomonte, il sentimento che mi accompagna è soprattutto di tristezza: per la valle deturpata dalle ruspe, per la perdita di libertà degli abitanti, ma anche per la situazione delle centinaia di persone – professionisti esperti, membri delle Istituzioni civili e militari, giovani in divisa… quante persone che dovrebbero avere la possibilità di esprimere le loro competenze al servizio dalla società civile, e che invece vengono indirizzate a svolgere mansioni mortificanti e spesso inutili: aprire e chiudere cancelli, compilare (a mano!) migliaia di fogli, ripetere giorno dopo giorno le stesse mansioni burocratiche …

Mi sono chiesta che cosa facciano tutti quei poliziotti, carabinieri, soldati quando non sono in servizio: tornano a casa? O in caserma?  Sono piemontesi o arrivano da altre regioni? Qualcuno ha fatto una passeggiata nei magnifici sentieri della valle, tra i dirupi di Falcimagna o alla Certosa di Montebenedetto?

Mi sono chiesta anche se tra gli ingegneri TELT – costretti in cantiere a svolgere pratiche burocratiche di basso livello – sia nata la curiosità di immaginare di poter eseguire opere pubbliche ‘alternative’ al ‘grande buco’: la prevenzione di frane e alluvioni, la ristrutturazione di baite antiche, opere di assestamento dei terrazzamenti per mettere in sicurezza le coltivazioni della vite, e chissà quante altre!

E mi sono chiesta anche quanti di coloro che, per guadagnarsi lo stipendio, sono coinvolti in questa attività di repressione nei confronti di migliaia di cittadini e cittadine, hanno avuto il desiderio di capire qualcosa di più di questo ormai trentennale conflitto? Quanti conoscono i motivi che spingono i proponenti e lo stato italiano a realizzare quest’opera, nonostante l’opposizione locale, e soprattutto nonostante le trasformazioni ambientali e sociali che hanno segnato questi decenni?

Idee per il futuro

Sarebbe stato interessante organizzare degli incontri, avviare dei dialoghi, e soprattutto poter accompagnare a turno, nei sentieri della valle, tutti quei giovani che per settimane sono rimasti inattivi e – immagino – annoiati all’interno delle recinzioni.  Forse si potevano creare rapporti amichevoli, nonostante le diversità di opinione, e aprire la strada a visioni nuove e a progetti condivisi di pace.

In un articolo di Johan Galtung, in cui l’autore presenta una lunga lista di ‘norme di Gandhi sul conflitto’, ce ne sono molte che si potrebbero applicare a questa situazione, nelle settimane – tra febbraio e marzo 2021 – in cui si sono svolte le pratiche di esproprio.  Tra queste:

  • Avere un approccio positivo al conflitto! Dare al conflitto un’enfasi positiva! Considerare il conflitto come opportunità d’incontro con l’avversario! come opportunità di trasformare la società! come opportunità di trasformare sé stessi!
  • Non polarizzare! Distinguere fra antagonismo e antagonista! Distinguere fra persona e status! Mantenere un contatto! Empatia con la posizione del proprio avversario! Essere flessibili nel definire le parti e le posizioni!

Chissà che, grazie alla creatività nonviolenta del Movimento NOTAV,  non diventi possibile in futuro…

NOTA. La militarizzazione dei trasporti UE

Segnalo alcuni testi ufficiali reperibili sui siti ufficiali della UE, dai quali emerge un’idea di Europa che mi era sconosciuta, e un preoccupante piano d’azione aggressivo, tutto basato sull’idea di sicurezza e di difesa contro il ‘nemico’.

17 aprile 2019.  Tra i testi approvati dal Parlamento Europeo si legge: (14) […] «In conformità del piano d’azione, nel 2018 il Consiglio ha considerato e convalidato i requisiti militari in relazione alle infrastrutture di trasporto(15) e nel 2019 i servizi della Commissione hanno individuato le porzioni della rete transeuropea dei trasporti utilizzabili per il duplice uso, tenendo conto anche dei necessari adeguamenti delle infrastrutture esistenti. Il finanziamento dell’Unione per l’attuazione di progetti di duplice uso dovrebbe essere erogato attraverso il programma sulla base di programmi di lavoro specifici in cui siano indicati i requisiti applicabili definiti nel contesto del piano d’azione e di un eventuale altro elenco indicativo di progetti prioritari che potrebbero essere individuati dagli Stati membri in conformità del piano d’azione sulla mobilità militare».

In un documento pubblicato il 3 giugno 2019 si legge: «Migliorare la circolazione delle truppe e delle risorse militari in tutta l’UE contribuisce alla sicurezza di tutti gli europei e a un’Unione più efficiente, reattiva e coerente”.

[…] “Per quanto riguarda le infrastrutture, sono state completate le tappe fondamentali, quali i requisiti militari e l’analisi dei divari tra le esigenze militari e civili. Ciò apre la strada al finanziamento a duplice uso — civile e militare — delle infrastrutture di trasporto pari a 6,5 miliardi di euro proposti nell’ambito del meccanismo per collegare l’Europa (MCE) nel quadro del prossimo bilancio a lungo termine dell’UE (2021-2027. Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto un accordo sul regolamento MCE, che contiene disposizioni specifiche per il finanziamento di progetti di duplice uso. Tenendo conto del tasso di cofinanziamento del 50 %, tale accordo porterebbe ad almeno 13 miliardi di euro di spese totali destinate a tali progetti».

4 febbraio 2020 – Mobilità Militare: sviluppi e possibili impatti in Europa e in Italia. «Uno dei progetti più ambiziosi lanciati nell’ambito della Difesa europea è probabilmente quello della mobilità militare. […] Esso è finalizzato a facilitare e velocizzare lo spostamento di truppe e di mezzi militari sul territorio dell’Unione per rispondere a diverse necessità, tra cui fare esercitazioni congiunte, mettere in sicurezza le linee di comunicazione marittime, contrastare minacce di tipo ibrido (si pensi alla necessità di proteggere il perimetro di una centrale elettrica in caso di attacco cibernetico o di controbilanciare operazioni militari straniere “coperte” volte a destabilizzare un Paese europeo, come in Ucraina) o reagire prontamente in caso di disastri naturali».

12 marzo 2021. Il Consiglio e il Parlamento Europeo raggiungono un accordo (Agreement on 2021-2027 Connecting Europe Facility) che prevede finanziamenti per 33.71 miliardi di € a progetti strategici in tre settori (trasporti, energia, digitale). Ai trasporti saranno destinati 25,81 miliardi di €, con priorità alle reti TET-T, e nello specifico: 1.56 miliardi di € per la ‘coesione tra paesi’ e 1.69 miliardi di € per assicurare che, quando si debbano adattare delle infrastrutture a migliorare la mobilità militare entro l’Unione Europea, esse soddisfino il principio del ‘dual-use’: siano cioè in grado di soddisfare sia esigenze civili che militari.

Annibale, secondo i più recenti studi archeologici, arrivò in Italia attraverso il Col de Traversette e la Valle Po. Dopo più di 2000 anni, siamo dunque ancora alle prese con i movimenti di truppe?

https://serenoregis.org/2021/03/16/cantiere-tav-una-tranquillita-apparente-in-valle/