Dal 1994 attivisti italiani della valle di Susa sono impegnati in una lotta popolare contro i progetti del governo per costruire una ferrovia ad alta velocità lunga 57 kilometri. In visita alla West Bank , gli attivisti della Valle di Susa hanno compreso meglio la vita sotto l’occupazione israeliana e sono ripartiti con delle nuove riflessioni utili alla lotta che conducono nella loro terra.
Di Riccardo Carraro da 972mag.com

Attivisti italiani del Movimento NO TAV camminano lungo il muro che separa Israele da Gaza.( Foto del Movimento NO TAV )
Quando usiamo il termine “ lotta popolare” di solito lo intendiamo in un contesto di partecipazione collettiva di base in una lotta che é inclusiva di diversi settori della società , senza distinzione tra generi, età, cultura , ecc…Sebbene ogni lotta popolare abbia le sue specificità e caratteristiche , ci sono degli elementi comuni condivisi da tutte le lotte popolari : rifiuto di una rigida divisione del lavoro , determinazione a partecipare , farsi carico della propria esistenza così come del proprio destino e di quello della comunità.
Tutte le lotte popolari hanno in commune la capacità di scegliere , reclamare dignità e reagire alla violenza , alla repressione e all’abuso di potere. Una lotta diventa “popolare” quando non è compiuta solo dai capi, ma dalla gente commune. Una lotta è popolare quando sia l’anziano che il giovane possono parteciparvi , ognuno portando il proprio contributo.
In una lotta popolare il processo di “attivazione “ é tanto importante quanto il risultato che si raggiunge poiché è precisamente attraverso il processo che si ottengono i più grandi risultati.
Di recente sono tornato da un viaggio in Palestina/Israele con una delegazione di attivisti italiani della Valle di Susa. Durante il viaggio abbiamo visitato diversi gruppi locali impegnati nella lotta popolare , compresi in Nabi Saleh, Al-Araqib, Bil’in, South Hebron Hills e Jaffa .
Fin dal 1994 , la valle di Susa è territorio dei NO TAV , una lotta popolare contro la costruzione di un treno ad alta velocità attraverso la Valle. Questa ferrovia , con i suoi 57 km di tunnel , distruggerà l’ambiente della valle, danneggerà diverse falde acquifere e peggiorerà la salute dei residenti ( la montagna che attraverserà il tunnel contiene grandi quantità di uranio e amianto ).Inoltre questa linea è inutile , poiché esiste già una moderna ferrovia che al momento viene utilizzata solo al 20% delle sue capacità. Il progetto costerà al pubblico quasi 40 miliardi di euro, con i politici che hanno il coraggio di affermare che sarà utilizzata per il trasporto di merci.
L’ Italia é un Paese paradossale in cui il 40% dei giovani sono disoccupati e dove i servizi pubblici ( scuole , ospedali , trasporto pubblico ) vengono costantemente smantellati. Ora lo Stato sta per spendere almeno 40 miliardi di euro (24 ndr) per permettere alle patate e alla cipolle di viaggiare a 300 km all’ora per andare da Torino a Lione – davvero molto utile! La popolazione locale ha reagito alla decisione del governo con manifestazioni ,azioni dirette e altri mezzi non-violenti. Comunque , il governo ha represso le proteste , ferendo molte persone , arrestando più di 900 attivisti , militarizzando pesantemente la valle e, contemporaneamente, impiegando migliaia di agenti e soldati per difendere il cantiere.

Bambini sventolano le bandiere Palestinesi nel villaggio di Susya a sud delle colline di Hebron. Susya è uno dei tanti villaggi visitati dagli attivisti italiani ( Foto Movimento NO TAV ).
Il viaggio in Palestina è stato organizzato dalla ONG italiana Servizio Civile Internazionale , che da anni sostiene sia la lotta popolare NO TAV in Valle di Susa, sia la lotta popolare in Palestina. Durante il viaggio gli attivisti italiani hanno potuto apprendere e comprendere la lotta contro l’occupazione , condividendo le loro riflessioni sulla loro esperienza con attivisti Palestinesi e Israeliani.
Gli attivisti Palestinesi sono rimasti colpiti nello scoprire ciò che sta accadendo in Italia : le somiglianze tra le due lotte sono diventate sempre più chiare, giorno dopo giorno, riconoscendo comunque che l’occupazione israeliana é un sistema di oppressione molto più violento e sofisticato di quello che si manifesta in Valle di Susa.
Le somiglianze più interessanti non sono state evidenziate in aspetti esterni , come ad esempio l’uso di gas lacrimogeni o filo spinato, ma piuttosto in aspetti meno evidenti che sono emersi durante le lunghe conversazioni. Ad Al-Araqib abbiamo imparato il significato del termine “ sumud “, cioé opporre resistenza nella propria terra contro l’espropriazione e l’espulsione , un concetto che suonava potente tra la gente della valle di Susa.
Inoltre , é stato interessante notare i modi in cui il governo italiano e quello israeliano utilizzino la forza per controllare e limitare la resistenza (arresti , fogli di via o arresti domiciliari sono molto comuni tra gli attivisti di entrambi I territori ). Mentre eravamo in Palestina, ad uno dei leader riconosciuti della lotta in Val di Susa è stata perquisita la casa ed è stato incriminato per incitamento alla violenza – un qualcosa che molti capi della lotta popolare Palestinese hanno sperimentato in prima persona.
Entrambi I gruppi di attivisti hanno trovato inquietante il fatto che la gente possa vivere una vita normale ad appena 40 minuti di distanza dale zone occupate. Durante una chiacchierata , gli attivisti israeliani hanno spiegato quello che significa vivere a Tel Aviv. Non ho potuto fare a meno di paragonare Tel Aviv con Torino , una città ad appena 40 minuti fuori dalla Valle di Susa che spesso si ritiene totalmente estranea all’occupazione militare di quell’area.
Entrambi I gruppi hanno anche considerato come lo sfruttamento del lavoro sia comune in valle come in Palestina, apprendendo come I Palestinesi trovino lavoro costruendo gli insediamenti della West Bank o come disoccupati italiani trovino lavoro costruendo la ferrovia. Tutto questo ha permesso agli attivisti di condividere i modi in cui gli affari traggano vantaggio da entrambe queste occupazioni e ci hanno fatto comprendere il Movimento del Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni ( BDS ).
Un tema ricorrente che è emerso diverse volte durante il viaggio è stato che il modo in cui gli attivisti si impegnano in una lotta popolare indica che essi non combattono solamente per i loro diritti e per la propria libertà , né per i diritti e la libertà della loro comunità. Essi combattono per i diritti e la libertà della gente oppressa che vive oltre il loro Paese. In questo modo, il potere simbolico della lotta popolare – lo scontro paradigmatico tra popolo e potere – può essere fonte di ispirazione per altre lotte all’estero.
Riccardo Carraro é un attivista italiano che ha a che fare con il problema Israelo-palestinese dal 2003. Al momento è Segretario del Servizio Civile Internazionale , una ONG italiana che si occupa di diritti umani, pace e giustizia sociale.
(traduzione di D.Tassotti che ringraziamo)