documenti, post — 24 Febbraio 2019 at 19:46

Geo-capitalismo e crisi del sistema di produzione delle merci

Quello che segue è l’intervento tenuto dal professor Dario Padovan il 7/12/2018 al Campus Luigi Einaudi di Torino, in occasione della due giorni di discussione  “Tav: una questione politica, una questione ambientale”.

Antropocene

Credo sia importante chiederci chi ci sia dietro queste dinamiche di superamento forzato dei limiti biofisici del pianeta. Chi c’è dietro il cambiamento climatico, chi c’è dietro l’Antropocene? Questo concetto che oggi viene usato in diversi ambiti di studio è assolutamente evocativo di una nuova era geologica in cui il genere umano interviene in maniera radicale sulle dinamiche riproduttive del pianeta stesso. Possiamo utilizzare qualche prospettiva definitoria del Soggetto che ha messo in moto queste dinamiche fino poi ad arrivare a quella della discussione riguarda la linea del TAV, che è una piccola parte di un soggetto molto più ampio. Quando noi definiamo il sistema economico come soggetto di queste trasformazioni radicali del pianeta, della biosfera, stiamo definendo un concetto ancora poco chiaro, è un concetto extra-storico: ogni società ha un suo sistema economico, il medio evo aveva un sistema economico, le società di cacciatori-raccoglitori non avevano propriamente un sistema economico ma avevano un sistema riproduttivo. Diciamo che l’idea, che ci sia un’economia al lavoro c’è sempre stata. Il problema è la natura di questo sistema economico, e di come si è configurato soprattutto a partire da quel periodo storico che sancisce il processo di trasformazione della configurazione bio-geo-chimica del pianeta che si chiama Capitalismo. Certo il capitalismo contemporaneo non è il medesimo capitalismo dell’800, non è il medesimo capitalismo fordista, è un capitalismo che ha preso una nuova configurazione, si è trasformato in un qualcosa d’altro, o meglio ha assunto altre dinamiche, non è semplicemente un capitalismo post-fordista. Qualcuno si è permesso di chiamarlo un capitalismo estrattivo, un Geo-capitalismo inteso nella sua globalità. Cioè un capitalismo che ormai, in qualche modo, si è appropriato in termini materiali e simbolici di tutto il pianeta, un capitalismo fittizio. Prendiamo in analisi, per esempio, il fatto che noi abbiamo a che fare con  un capitalismo che è in grado di fondere insieme in una macchina straordinariamente potente  quella che è produzione di denaro, denaro che in quanto moneta virtuale, capitale fittizio, viene investito in ogni luogo del pianeta con una potenza estrattrice e materiale mai vista prima. Vi è l’aumento della sfera della ricchezza virtuale, cioè quella monetaria e contemporaneamente abbiamo avuto anche un enorme aumento del consumo di materia a livello globale. Soprattutto di materia prima, di energia; il che ci permette un po’ di chiederci ma come è possibile questa dinamica? In effetti il processo autotelico[1] di riproduzione del denaro comporta di per sé una crescita continua nel consumo di materia prima per produrre merci. Ossia il capitale si è valorizzato nel tempo e nella storia negli ultimi 2/3 secoli attraverso la produzione e  la vendita di merci, e questo ha comportato un aumento continuo di consumo di materia prima, di energia, di emissioni di gas clima-alteranti e quello ha portato oggi a quella che noi chiamiamo la crisi ecologica globale. Ora questo processo continuo di accumulazione del capitale implica la crescita del consumo di materia, ne è parte costitutiva, elemento consustanziale del sistema stesso. Un capitalismo che si è trasformato via via in un capitalismo sempre più predatorio. Un capitalismo che proprio in virtù di questa massa di denaro che genera denaro, che si accumula in quanto denaro ma che non è in grado di produrre immediatamente valorizzazione, questo sistema costituito da un capitale che ancora non è in presenza del proprio valore, questo capitalismo è un capitalismo fittizio come viene definito. È un capitalismo che compra ciò che non ha, ciò che ancora non esiste, è un capitalismo che è in grado di comprare tonnellate di materia prima quando queste non sono ancora state scavate, milioni di barili di petrolio che ancora non ci sono, decine di infrastrutture portuali, trasportistiche, ferroviarie che non sono ancora state  costruite. È un sistema che fa girare denaro mobilitando l’idea che ci sarà qualcosa, che ci sarà valore futuro per far guadagnare coloro i quali sono in possesso dei titoli di proprietà di questo denaro, di questo capitale fittizio. Per cui è un capitale fittizio che genera un movimento straordinario di ricchezza virtuale in assenza di ricchezza materiale, è un capitale che accumula e che non valorizza. È un capitale che non si basa su quella che è l’estrazione del plusvalore dal lavoro umano o che utilizza e che si fa pagare da quelle che sono le materie prime estratte ma che fa girare questo denaro laddove ritiene sia più proficuo, dove ci sono aspettative migliori. Ora, non è che questo sia un capitale finanziario che ruota su se stesso, che si auto-riproduce senza che una base sia completamente staccato dalla base materiale, il problema è che la massa del valore fittizio della ricchezza generata è cento, mille un milione di volte superiore della ricchezza incorporata nei beni e nelle materie prime, ma ha comunque bisogno di un referente materiale. Il referente materiale al quale questo tipo di capitale fittizio si riferisce sono i cosiddetti “portatori di speranza”, cioè per poter realizzare i propri profitti ci si deve affidare a delle aspettative di guadagno. I portatori di speranza è il lavoro futuro che ancora non c’è : i portatori di speranza è il petrolio che deve ancora essere estratto, il gas che ancora non esiste all’interno dei gasdotti, sono quella parte materiale che permette a questo sistema finanziario e capitalistico di auto-riprodursi. Inoltre ha bisogno di una stabilità dal punto di vista della volatilità dei prezzi. Soprattutto ha bisogno di avere dei dati sui quali basare le proprie previsioni, perciò i portatori di speranza sono i dati. Sono le previsioni di disponibilità di petrolio, sono le potenzialità di trasporto di una rete ferroviaria. I portatori di speranza sono la quantità di tonnellate di merci e di container che un porto può accogliere.

Di tutto ciò non sappiamo nulla, come diceva prima Mercalli: “si prevede che nel 2050 forse ci sarà una certa disponibilità di merci “… ma non è sicuro.

Sono previsioni che si basano in parte sui dati (messi malamente insieme) – lasciamo stare il caso specifico della TAV dove i pro-Tav non hanno mai prodotto e offerto un dato credibile in questi 20 anni. Io me ne sono occupato, ho avuto l’opportunità e anche l’onore di intervistare Angelo Tartaglia e altri ingegneri che all’inizio si sono affiancati al movimento No Tav per capire il loro ruolo all’interno di questo movimento. Poiché è stato un movimento che si è affidato alle competenze dei cosiddetti esperti, e insieme sono riusciti a cambiare il destino di un’opera già scritta. Questo gli va assolutamente riconosciuto, nondimeno nessuno dei pro-Tav è mai riuscito a pubblicare un articolo scientifico su una rivista referata che fosse in grado di difendere le proprie posizioni. A questo proposito non sto affermando che la Scienza abbia sempre ragione, ma se abbiamo bisogno di un parametro di verità, in un’ottica di post-verità, ci riferiamo ad un sistema per quanto sia complicato e anche criticabile, di valutazione scientifica tra pari di quello che viene fatto.

Fatto dunque che noi ci troviamo davanti ad un sistema come questo di generazione, non tanto di ricchezza né di valore, che è completamente piegato alla logica di auto-riproduzione  del denaro per il denaro ci mette in una condizione particolarmente complicata ma sappiamo anche che è condizionato dalla sua base materiale. Ora la base materiale che è condizionata e che in qualche modo decide anche di quelli che  sono i destini e gli esiti dei tassi di profitto a livello globale, è una cosa che è stata chiamata da tempo la fertilità naturale del capitale stesso. Cioè il fatto che quello che decide quali sono le opportunità di guadagno nel futuro di questo capitale finanziario che viene investito, ha a che fare con la fertilità dei sistemi biofisici e anche dei sistemi socio-tecnici. Dal punto di vista dei sistemi biofisici, abbiamo visto che la fertilità oggi che viene prevista e che è stata studiata, ma che è stata rilevata da quella che viene chiamata “l’ecological footing” [impronta ecologica] è in netta riduzione: si sta riducendo la fertilità dei sistemi biofisici in grado di fornire risorse.

Questo però non ha delle conseguenze solo per il pianeta e per i sistemi di riproduzione della vita sul pianeta stesso e di chi lo abita, ha delle conseguenze radicali anche per quanto riguarda la dinamica di produzione di profitti globali. Laddove diminuisce la fertilità dei sistemi biofisici, diminuisce la profittabilità dei capitali investiti. Il fatto che diminuisca il tasso di profitto globale, e che per avere lo stesso risultato occorra aumentare costantemente l’investimento sia economico che di energia… pensate a un indicatore che viene correntemente utilizzato, che si chiama EROEI (Energy Return On Energy Invested) è stato dimostrato che ormai la possibilità di avere energia dipende da una quantità di energia che viene investita primariamente per produrre energia. Per cui se un tempo, rispetto a quella che era la capacità e la produttività del petrolio, si investiva uno e si aveva 50 di ritorno, adesso investendo uno si ha semplicemente 5 o 6. Ci stiamo avvicinando a una ratio di efficienza 1/1 (metto uno di energia e ricavo uno di energia). Ora questo problema della fertilità dei sistemi biofisici è alla base di quelle che sono le possibilità di profittabilità degli investimenti del capitale.

Ma c’è un altro tema che a volte non viene rivelato in maniera chiara: la fertilità dei sistemi socio-tecnici, cioè delle infrastrutture. Poiché stiamo scoprendo sulla nostra pelle che le infrastrutture sono sottoposte a un processo di degrado  e poiché anche le infrastrutture hanno un fine vita e sono in grado di mantenersi nel tempo sulla base di quelli che  sono i materiali investiti, lo stress al quale sono sottoposti, le manutenzioni fatte ecc., sta accadendo che la fertilità di queste infrastrutture, soprattutto nel nostro paese, sta diminuendo rapidamente.

Il cambiamento climatico è alla base di una accelerazione della diminuzione di fertilità. Più aumentano gli stress climatici più i sistemi biofisici e tecnici sono sottoposti a degli stress che sono imprevedibili nel futuro. Ora quello che dovrebbe in qualche modo metterci in condizione di ragionare sulle future infrastrutture è quello di progettarle in questa direzione, ovviamente questa infrastruttura della quale stiamo parlando non è stata progettata in nessun modo per far fronte a quelli che sono momenti di accelerazione dei cambiamenti climatici, di mutamento di enti atmosferici e di gravi momenti collegati alla dimensione ambientale. Il pensare a una struttura che sia resiliente, che abbia delle capacità elastiche, che sia in grado di far fronte a quelli che sono i rapidi e repentini cambiamenti atmosferici, non è stato parte di questa progettazione.

La crisi della logistica

Tratterò ora un altro tema direttamente collegato a questo: la crisi della logistica. Ovviamente trattandosi di un sistema di trasporto di merci si ha che fare con quella che è la grande illusione logistica, del nostro paese in particolare, ma più in generale del sistema globale della logistica. (Un esempio può essere il fallimento repentino, e molto doloroso per chi ci lavorava, dell’Hanjin – la terza compagnia mondiale di container – dimostra come ci siano dei problemi di logistica globali molto gravi che riguardano l’intero sistema del trasporto di merci).

Vi sono diverse ipotesi che spiegano cosa sia capitato: la prima è una riduzione dei commerci internazionali. A un certo punto la quantità di merci e di materie prime che venivano trasportate a livello globale si sono ridotte in conseguenza della crisi del 2008. La seconda ipotesi,  ragionando in termini di prospettiva, prende in considerazione il fatto che si stia viaggiando verso l’industria 4.0. La produzione della stampa 3D ridurrà ovviamente il bisogno di commercio di merci perché molte delle componenti degli oggetti tecnici che entrano nel nostro uso quotidiano saranno prodotti in loco, senza bisogno di trasferimento. Questo ovviamente se le proposte e le prospettive dell’industria 4.0 verranno confermate. La terza ipotesi, che è anche quella più rilevante, è il fatto che sta avvenendo la riduzione dei consumi a livello globale. La quantità di merci immesse nel mercato a partire da un aumento di produttività del sistema fordista, e poi dopo in parte alla terza rivoluzione industriale legata alle nuove tecnologie, ha aumentato a dismisura la produzione di merci fino ad arrivare a una condizione di sovrapproduzione. I mercati non sono in grado di assorbire le merci prodotte se non aumentando a dismisura i tassi di sostituzione delle merci stesse, cioè diminuendo il ciclo di vita dei beni. Noi stiamo riempendo i magazzini, le case, le istituzioni pubbliche di beni e di merci laddove non ne abbiamo bisogno. Siamo diventati bulimici. Il fatto che noi stiamo continuando ad acquistare, sottoposti a diverse tensioni, perché l’obsolescenza programmata non è un effetto solo della pubblicità ma anche dei desideri delle persone, della manipolazione alla quale siamo sottoposti. È innegabile che siamo entrati in un processo di bulimia dal punto di vista del consumo delle merci.

Inoltre le merci, così come si sono configurate finora, hanno generato quello che potremmo chiamare un sistema potente, feticistico, della merce. Il fatto che le merci hanno capovolto il mondo nel quale viviamo facendo sembrare che tutte le nostre relazioni passassero per oggetti e dimenticando completamente quella che è la parte sociale delle relazioni. Il legame sociale si è allentato, se non completamente sparito, sotto la pressione della merce. Ogni nostra relazione è mediata da qualche oggetto tecnico e di consumo. Ad oggi si sta palesando il fatto che ci sia la ripresa di una consapevolezza anche minima del fatto che non possiamo esternalizzare completamente i nostri bisogni. Il fatto che vi sia il bisogno di fare anche qualche cosa insieme sta diventando, non dico una consapevolezza così diffusa, ma un tema sul quale poter ragionare, e sul quale poter rilanciare una progettualità politica.

Infine volevo fare due parole sulla composizione del blocco sociale Sì Tav: la questione è abbastanza interessante, simile per certi versi anche a quello che sta succedendo in Francia. Il sistema predatorio del capitale non ha soltanto messo fuori gioco la forza lavoro operaia, all’interno di questo grande gioco in cui si accumula per non valorizzare il lavoro perde la sua centralità sociale. Il denaro non si valorizza più attraverso la produzione di merci, cioè attraverso l estrazione di valore dal lavoro, ma si valorizza da sé. Allora questo significa che il lavoro non è più centrale nei nostri paesi, nei paesi occidentali. Il problema è che il Lavoro nelle nostre società avanzate è stato sostituito dal Consumo. Cioè la dinamica della merce ha sostituito nell’importanza delle persone il problema del lavoro. È più importante ciò che si ha rispetto a quello che si fa. Il lavoro è soltanto una mediazione, un’opportunità, un modo per entrare in possesso di oggetti e di beni che normalmente sono esibiti. Potremmo pensare ai cosiddetti “beni posizionali” anche se non si adattano bene alla definizione. Il problema che abbiamo dunque, non è solo che questo sistema predatorio, estrattivo a livello globale ha ridotto il valore sociale del lavoro ma anche la centralità sociale della piccola e media borghesia. Che ci sia una dinamica di contenimento, di riduzione di coloro i quali si sentono partecipi di una classe come quella medio-borghese, che è stata per lunghi anni la classe egemone a livello globale, credo che sia riconosciuto da tutti. Ma questo non può che produrre delle conseguenze di altra natura. Il fatto che ci si senta esclusi, il fatto che chi non ha valore non è al centro dei flussi di produzione del valore si senta escluso o che sia escluso, che ci siano processi tali per cui li possiamo identificare, gli ex-valorizzanti della ricchezza gli ex-produttori di valore sono esclusi ormai o sono gettati a mare. Perché non sono solo scaricati nella discarica del capitale ma sono addirittura lasciati morire nelle barche che attraversano il mar Mediterraneo. Ora, questo cosa sta determinando? Di fronte al risentimento dovuto all’esclusione dalla produzione di ricchezza stanno emergendo, alimentati ad hoc, sentimenti di natura vendicativa, razzista, odiosa. Coloro i quali negano il cambiamento climatico, coloro i quali si oppongo in maniera decisa alla transizione ambientale, ecologica verso le energie rinnovabili si stanno saldando in una logica di blocco di interessi coni portatori di xenofobia, razzismo ed esclusione sociale. Questo sta avvenendo in Germania, dove vi sono proteste contro la produzione di energia eolica, alimentati dai sovranisti razzisti tedeschi stessi. Quello che in parte si sta verificando anche qui. Non è un caso che alcuni esponenti politici siano in grado di connettere, di combinare insieme un unico discorso di natura politica, il rifiuto del cambiamento climatico e della sostenibilità, con quello che è il rifiuto del riconoscimento ai migranti di ogni statuto di natura giuridica o semplicemente di solidarietà. Per cui quello che si sta determinando, che sta avvenendo sotto i nostri occhi, è una convergenza di interessi e la costruzione di un blocco, in questo caso non di opposizione ma di governo, che sta andando in questa direzione. Si tratterebbe, a partire anche da questa battaglia, di creare una grande dinamica di solidarietà, un processo di redistribuzione molto più radicale di quel che sta avvenendo. Ma ci troviamo di fronte ad un ostacolo potente, che in qualche modo in fondo forma questo blocco sociale che si è creato intorno al Sì Tav che è l’idea che il capitalismo sia dotato di poteri magici. Noi ci troviamo di fronte ad una crescente massa di persone che pensa che l’attivismo imprenditoriale, capitalistico sia in grado, in qualche modo, di risolvere tutti i problemi, uno di questi è anche la tecnologia. Il fatto che si continui a delegare al fatto tecnologico la risoluzione dei problemi sta diventando un luogo comune, purtroppo troppo diffuso. Mentre invece quello che dovremmo fare è affidarci alle capacità ri-organizzative della società. Gli agenti sociali che sono ingaggiati in maniera sempre più individualizzata in pratiche di riproduzione dovrebbero pensare a lavorare all’unisono, gestire o ripensare nuove pratiche di azione collettiva che dovrebbero essere alla base della ricostruzione del sociale. Ma quello che rimane è che miracolo e mistero permeano le dinamiche del capitalismo per molte e troppe persone, cioè che il capitalismo sia dotato di una potenza magica risolutiva in grado di risolvere tutti i problemi.

[1]     Composto del greco antico autós “sé” e di telikos, da telos “fine”. In filosofia, dicasi di ente o evento che possiede in sé la finalità ultima o contingente del proprio essere o del proprio accadere.