agenda — 18 Luglio 2020 at 11:01

Assemblea No Tav: Prospettive tra ecologia, difesa dei territori e lotte globali

 

Una semplice intuizione: il sistema di sviluppo basato sulla crescita ad ogni costo è diventato (probabilmente lo è sempre stato) insostenibile e ci sta irrimediabilmente conducendo a vivere peggio delle scorse generazioni. Questa è stata una delle istanze che per anni il movimento No Tav ha provato a sottolineare e che è diventato il grande argomento su cui si è polarizzato lo scontro intorno alla grande opera.

In queste settimane abbiamo nuovamente provato a praticare questa intuizione: TELT e i promotori dell’opera hanno approfittato vigliaccamente della condizione di spaesamento conseguente alla pandemia per portare a termine un piccolo allargamento del cantiere e poter intascarsi una tranche di fondi europei. Il movimento però non si è fatto cogliere impreparato e alla violenza delle ruspe e all’arroganza delle truppe di occupazione ha opposto una resistenza che dura tutt’ora, quella del Presidio dei Mulini. Il presidio è attraversato da giovani e giovanissimi della valle e di tutta Italia ed è luogo di discussione, di messa in pratica di forme di vita diverse da quelle devastanti e inquinanti che vengono adottate a pochi metri di distanza. E’ una fase complessa ma piena di importanti semi per il futuro. Mentre la valle viene militarizzata, vengono emessi decine di avvisi orali come quello ad Ermelinda, vengono arrestate e costrette ai domiciliari figure storiche del movimento come Nicoletta, Giorgio, Mattia ed Emilio, mentre tutto questo accade, una nuova coscienza, una nuova attualità del No Tav si fa spazio incrociandosi con i fenomeni complessi che stanno attraversando la nostra epoca.

L’intuizione di cui parliamo sopra è trasversale a molti aspetti del nostro vivere sociale quotidiano e si è manifestata in maniera estremamente lampante con la pandemia di Coronavirus. Abbiamo visto un sistema incapace di prendersi cura delle persone, pronto a sacrificare le nostre vite per continuare a produrre profitti. Le modalità di produzione, di edificazione e di organizzazione dei servizi che sono proprie di questa politica non si sono rivelate soltanto inadeguate a far fronte alla pandemia, ma anche colpevoli della sua diffusione. Impossibile ignorare i legami che sussistono tra questa malattia e la devastazione ambientale, tra la logistica delle merci, grande polo di sfruttamento della forza-lavoro, e il dilagare di focolai di contagio, quelli tra il modo in cui vengono impiegate le risorse e l’abbandono dei sistemi di assistenza sociosanitari a loro stessi.

Prima del Coronavirus, gran parte del mondo era attraversato dai sussulti di movimenti ecologisti e contrari alla dominazione patriarcale e razzista. Oggi, dalla Francia agli Stati Uniti, dall’America Latina al Medio Oriente queste lotte si intersecano con una profonda crisi sociale innescata dalla pandemia.

Nonostante anche in Italia la crisi non stia esitando a manifestarsi, la politica continua imperterrita a proporre la propria ricetta a base di speculazione, privatizzazione delle strutture, cementificazione del suolo, precarietà e indebitamento. In questo modo, le contraddizioni non faranno che approfondirsi e già le istituzioni si preoccupano di un possibile autunno caldo. Ciò che turba le loro notti è anche ciò che andrà a comporre l’orizzonte di possibilità per cambiare questo modello di “sviluppo”.

 

E’ necessario incontrarsi per discutere, ipotizzare vie da percorrere e alleanze possibili per essere all’altezza della sfida. Lanciamo un primo momento, questa domenica 19 luglio, alle ore 14.30, al presidio di Venaus.