
Domenica 3 agosto 2025 è un giorno da segnare sul calendario. Per la prima volta un telegiornale della Rai ha espresso – forse volontariamente, forse no – qualche dubbio sul futuro e l’utilità del TAV Torino-Lione.
Prima del fatto, una premessa. I giornalisti dei grandi media scritti e parlati (del nostro Paese e non solo) hanno, per lo più, una stella polare: gli interessi della proprietà e dei suoi sponsor economici e politici. Se, poi, non è possibile perseguirli, meglio tacere o parlar d’altro. La regola vale sempre, a cominciare dalle questioni internazionali: basti pensare alle cronache e agli editoriali su Gaza di gran parte dei quotidiani e telegiornali, vero e proprio abisso di vergogna. Ma vale forse ancor più per le questioni interne, più prossime agli interessi immediati dei padroni delle testate. Lo spiegava, quarant’anni fa, prima dell’irrimediabile involuzione senile, Giampaolo Pansa, raccontando la sua esperienza giovanile alla Stampa, proprietà diretta della Fiat: «A noi giovani redattori della Stampa era inibita ogni minima alzata di testa che puzzasse in qualche modo di politica. Era come se tra noi e l’azienda editrice corresse un patto non scritto, però ferreo […]. Quel che bastava sapere a un semplice redattore della cronaca italiana era che dalle notizie sugli incidenti stradali andava tolto ogni riferimento alla fabbrica produttrice dell’auto. […] Un giorno me ne dimenticai. La notiziola (un morto nei pressi di Cavallermaggiore) riguardava una Fiat 1100 finita contro un albero per un guasto allo sterzo. Fui rimproverato con durezza, ma perdonato. E non mi distrassi più» (Carte False, Rizzoli, 1986, pp. 16-17). Nei decenni la regola è stata ben introiettata e La Stampa e la Repubblica – cui appartiene il monopolio informativo nel capoluogo piemontese (il più prossimo ai cantieri della Torino-Lione) – sono state da sempre, talora con punte di grottesco, sostenitrici accanite del TAV, coerentemente con gli interessi della famiglia Agnelli, cui entrambe fanno capo, e un cui autorevole esponente (Umberto) fu, già nel 1990, presidente del Comitato Transpadana (artefice del primo progetto della Torino-Lione). L’unica insidia al loro monopolio informativo della carta stampata targata Agnelli potrebbe essere il TG3 che, peraltro, ha sempre interpretato il suo carattere “pubblico” come dovere di conformismo e di vicinanza ai poteri forti della città.
Il raccontino di Pansa e la realtà dell’informazione torinese mi sono tornati alla mente ascoltando il servizio sul TAV di Marco Procopio nell’edizione delle 14.00 del TG3 del Piemonte di domenica 3 agosto. Davvero un unicum che conviene riportare per intero:
L’impegno politico c’è. Ma come sempre mancano i soldi. È questo il senso del provvedimento sulla TAV appena approvato dalla Commissione europea. Si tratta di una “decisione di esecuzione” attesa da anni, perché fissa nero su bianco tempi e modi di realizzazione della Torino-Lione e prevede un controllo diretto dell’Unione sull’avanzamento dei lavori. Secondo i sostenitori del progetto è un segnale importante, per chi è contrario troppe domande restano senza risposta.
Ma andiamo con ordine. Il crono programma prevede entro il 2031 la fine del tunnel ed entro il 2033 la messa in esercizio. Nello stesso periodo dovranno essere completate le infrastrutture secondarie: in Italia l’ammodernamento della Bussoleno-Avigliana, la nuova linea Avigliana-Orbassano e l’interconnessione fino a Torino. Oltralpe invece la situazione è più complessa. Parigi garantisce solo l’ammodernamento della rete esistente, mentre resta senza data la nuova linea Saint Jean de Maurienne-Lione. Vuol dire che i treni – quando il tunnel sarà aperto – andranno a velocità e frequenza ridotte.
C’è poi la questione dei soldi. La TAV dovrebbe costare complessivamente 25 miliardi, di cui 14,7 per il tunnel principale, pagati almeno per metà dall’Europa. Ma nell’ultimo bilancio l’Unione ha stanziato solo 700 milioni e la Commissione su questo resta molto vaga: l’opera richiede “la pianificazione di investimenti in diversi cicli di bilancio“. Novità potrebbero arrivare dal rendiconto 2028-2034, tuttavia non è mai successo che venissero erogati così tanti soldi per una sola opera. E allora, delle due l’una: o a pagare saranno Italia e Francia, con un esborso pari quasi a due volte il ponte sullo Stretto, o il 2033 sarà una data impossibile da rispettare.
Parole non di un no TAV travestito, ma di un compunto giornalista Rai. Difficile dire se si sia trattato di una distrazione (come quella del giovane Pansa), di una leggerezza o di un colpo di sole. Ma il risultato è che i pochi telespettatori del tg di una domenica agostana da bollino rosso hanno appreso che: 1) il costo della Torino Lione, se mai si farà, è, salvo ulteriori aumenti, di 25 miliardi, di cui 14,7 per il tunnel principale (mentre solo 10 anni fa l’allora ministro dei trasporti Lupi annunciava al Parlamento che si sarebbe speso la metà, con 8,5 miliardi destinati a tunnel di base e stazioni internazionali); 2) a fronte di tale importo, l’Unione Europea (che, secondo i fautori dell’opera, dovrebbe finanziare il 40% o il 50% dell’opera o addirittura di più) ha stanziato, finora, 700 milioni (sic!) ed è assai improbabile che ci siano integrazioni rilevanti nel bilancio 2028-2034; 3) la (ottimistica) previsione di una conclusione dei lavori entro il 2031 non tiene conto né della necessità, in Italia, di ammodernare la tratta Bussoleno-Avigliana e di costruire la nuova linea Avigliana-Orbassano e l’interconnessione fino a Torino né del fatto che la Francia non ha neppure deliberato la costruzione della tratta Saint Jean de Maurienne -Lyon (con la conseguenza che, anche dopo l’eventuale realizzazione del tunnel di base, i treni continueranno a essere incanalati sulla vecchia linea, con conseguente venir meno di qualsivoglia possibile utilità dell’opera); 4) salvo (improbabili) novità, i lavori dovranno essere pagati pressoché integralmente da Italia e Francia, con un esborso pari a due volte il ponte sullo Stretto (mentre, sempre 10 anni fa, il ministro Lupi e il commissario straordinario per la Torino-Lione, Mario Virano, riferivano al Parlamento che la spesa italiana per il tunnel di base sarebbe stata di 2,9 miliardi).
Nulla di nuovo per il movimento No TAV e per gli osservatori neutrali, ma una delusione dirompente per i pochi o molti torinesi convinti – grazie ai propri giornali di riferimento – di poter andare tra un paio d’anni a “prendere l’aperitivo a Parigi” a spese dell’Europa (evento, ça va sans dire, imperdibile ed ostacolato solo dalla testardaggine e dalla violenza dei perfidi no TAV). La notizia è stata provvidenzialmente oscurata, a differenza di tutte le altre, nel TG regionale della sera ma, intanto, un piccolo frammento di verità è emerso. Non sappiamo se l’incauto giornalista subirà i rimbrotti e le ritorsioni del direttore. Ma, intanto, chi informerà della situazione il ministro dei trasporti e delle infrastrutture Matteo Salvini?
Di Livio Pepino, Volere la Luna
(Qui il link al servizio citato nell’articolo)



