post — 17 Luglio 2020 at 02:16

4 chiacchiere con Emilio, l’ultimo dei “banditi” della valle


Pubblichiamo l’articolo apparso oggi sulla Valsusa a firma di Giorgio Brezzo, che intervista Emili0, agli arresti domiciliari presso la propria abitazione a Bussoleno:

BUSSOLENO – Confinato in casa, in strada Monginevro 40, agli arresti domiciliari, Emilio Scalzo può comunque ricevere visite. E così eccolo intento ad affidare i suoi numerosi cani alla moglie Marinella in modo da consentire l’ingresso ad un terrorizzato cronista. Scalzo, 65 anni, uno dei volti più noti del movimento No Tav, conosciutissimo in paese per la sua ultradecennale attività di pescivendolo, ha subito un aggravamento delle misure cautelari cui era sottoposto: avrebbe violato più volte il divieto di dimora nei comuni di Chiomonte e Giaglione, un provvedimento che era stato disposto dal gip dopo le proteste del 27 luglio 2019, quando sarebbe stato individuato mentre tirava sassi in direzione delle forze di polizia nell’area antistante il cantiere della Maddalena.

Adesso, però, in occasione dei lavori di allargamento dello stesso cantiere, tra giugno e luglio, Scalzo sarebbe stato visto più volte prendere parte alle azioni di protesta messe in atto dai militanti No Tav. Lui precisa subito: “Sono stato ritenuto colpevole in base ad una legge fascista che è stata mantenuta, il codice Rocco, e pertanto mi è stato precluso l’accesso al territorio di dieci comuni”.

Quali sono i reati di cui lei si è macchiato?

“Ho abbattuto un jersey, cioè un cancello di sbarramento all’interno di un bosco…Ma io parlerei piuttosto di un’operazione di ripristino della legalità, in quanto collocare un cancello di ferro in un bosco non è certo giusto. Così mi hanno identificato e mi hanno negato l’accesso ai comuni di Susa, Giaglione, Gravere, Chiomonte ed Exilles, cioè tutti quelli attorno al cantiere”.

Ma lei ha parlato di dieci comuni: “Certo, perché poi c’è la questione legata ai migranti. Allora, visto il fenomeno del passaggio dei migranti attraverso la montagna, in pieno inverno, come movimento No tav ci siamo chiesto come potevamo porci rispetto a questa emergenza. Questa gente rischiava la morte per assideramento. Così ci siamo mobilitati, anche occupando il sottochiesa di Claviere e la vecchia casa cantoniera di Oulx, stabili che si erano ritenuti adatti ad accogliere queste persone. Io mi sono attivato per portare soccorso a questa gente ed ho partecipato a queste azioni. Risultato, non posso più accedere ai territori comunali di Salbertrand, Oulx, Cesana, Bardonecchia e Claviere. A questo punto, però, mi dovrebbero spiegare una cosa: se l’omissione di soccorso è un reato, come mai se io soccorro commetto un reato?”.

E adesso lei che farà?

“Faccio presente che nessuno si potrà appropriare della mia libertà. Dicono che io rappresenti un pericolo sociale. Perché? Questa è la mia vita, io ritengo semplicemente che sia un dovere morale ribellarsi alle ingiustizie; lo avevo già fatto molti anni fa, alla stazione di Milano, intervenendo in aiuto di alcuni senzatetto che erano stati malmenati dalla polizia ferroviaria. Quella volta mandai due agenti all’ospedale. Volevano condannarmi, poi un testimone raccontò la verità e fui assolto con formula piena. Mi piace definirmi un incidente. Sono l’incidente sulla strada dei prepotenti. Adesso qui c’è gente che cerca di illuderci, gettandoci del fumo negli occhi, parlando di una fantomatica economia che non verrà mai, mentre noi parliamo di tutela della salute…Ecco quello che farò: disattenderò certamente gli arresti domiciliari, andando incontro a tutte le conseguenze che questo comporterà, prigione compresa. È un mio progetto, che metterò in atto senza remore, perché non intendo piegarmi. In questo momento, amici e compagni del movimento mi hanno chiesto di aspettare, perché magari si organizzerà un’azione collettiva, un’evasione clamorosa…comunque io sono già pronto. Un mio parente, abbastanza stretto, che ha avuto nella sua vita tanti problemi con la giustizia, mi ha detto che uno come me non può proprio andare in carcere. Io gli ho soltanto risposto che come lui è stato un grande tra i delinquenti, io sono un gigante tra gli onesti”.

Perché tanto acredine contro le forze di polizia?

“Siamo rabbiosi con le forze dell’ordine perché abbiamo colto una grande discrepanza. Attaccano il nostro movimento con un dispendio di uomini, una forza ed un accanimento che non vediamo applicato, per esempio, nel contrasto contro la malavita organizzata, contro mafia, sacra corona unita e ‘ndrangheta”. Che ne pensa dell’accusa rivolta al movimento di avere sparso chiodi sull’autostrada nei pressi del cantiere? “Se i chiodi li avesse messi qualcuno del movimento, lo saprei. È un gioco facile, la solita storia, il fatto di accollare a noi queste cose”.

Ma lei, queste famose pietre, le ha tirate?

“Noi operiamo il sabotaggio verso i mezzi. Mi imputano cinque lanci di pietre. Ma noi non abbiamo mai cercato di colpire gli uomini, puntavamo alle manichette degli idranti con i quali veniamo inondati ogni volta da un’acqua che, secondo me, andrebbe analizzata, a giudicare da quanto è sporca”. Lei afferma di voler disobbedire. Può andare incontro a pene piuttosto pesanti: “Per alcune azioni e gesti davvero marginali, alcuni militanti No Tav, me compreso, hanno subito provvedimenti superiori e più gravi di quelli che sono stati adottati nei confronti di spietati assassini e di corrotti e corruttori per milioni e milioni di euro. Sono pronto ad assumermi ogni responsabilità riguardo le mie azioni. Ho fatto la mia scelta di vita e di lotta e la pagherò, fino in fondo”.

Sulla cancellata di casa sua, Scalzo ha posto la targa “Achtung banditen”, quella che usavano i nazisti per avvertire della presenza dei partigiani. Ma pensando a Emilio, a noi viene in mente una famosa frase di Bob Dylan che gli calza a pennello perché riassume la sua vita: “Per vivere fuori dalla legge occorre essere onesti”.

Giorgio Brezzo