
Il 17 settembre Telt ha annunciato l’avvio dello scavo del tunnel di base con la fresa “Viviana”. Dopo anni di annunci e celebrazioni, il grande macchinario ha iniziato a spingersi nelle montagne di Saint-Martin-la-Porte, dando il via a un nuovo capitolo della lunga vicenda del Tav Torino-Lione. I promotori parlano di un momento “storico”, ma dietro l’enfasi mediatica rimane intatto tutto il carico di contraddizioni che quest’opera porta con sé fin dall’inizio.
Il tunnel di base è uno dei cantieri più costosi e impattanti dell’intero progetto. Nove chilometri di galleria da realizzare sotto le Alpi significano anni di lavoro, consumo di risorse, estrazione e smaltimento di materiali, rischio di contaminazioni delle falde acquifere e un segno permanente lasciato in un territorio già fragile. I tecnici e i politici che oggi si congratulano con sé stessi assicurano che la fresa ridurrà gli impatti rispetto a metodi di scavo tradizionali, ma la realtà è che nessuna tecnologia cancella i rischi intrinseci di un’opera di queste dimensioni.
Non si tratta soltanto di un problema ambientale. Il movimento No Tav ha sempre denunciato l’insensatezza economica di un’opera i cui costi crescono di anno in anno, mentre i benefici restano sulla carta. I flussi di merci che giustificherebbero il Tav non esistono, le linee attuali sono sottoutilizzate, eppure miliardi di euro continuano a essere drenati da risorse pubbliche per alimentare un cantiere che appare come una gigantesca macchina di spesa. In nome di questa retorica del “progresso” si sacrificano montagne, comunità locali e beni comuni, mentre servizi realmente utili per la collettività, a partire da sanità e scuola, vengono sistematicamente tagliati.
L’avvio della fresa Viviana è soltanto l’ultimo tassello di una lunga catena di promesse e ritardi. Prima di lei sono entrate in azione altre frese: “Federica”, che avrebbe dovuto aprire il cunicolo geognostico a Chiomonte, e “Gea”, attiva nei cantieri francesi. Ogni volta la narrazione ufficiale ha presentato queste inaugurazioni come punti di svolta irreversibili, ma la realtà ha mostrato tutt’altro: tempi dilatati, difficoltà tecniche, costi sempre maggiori e un’opposizione sociale che non si è mai piegata. La stessa partenza di Viviana arriva con anni di ritardo rispetto ai cronoprogrammi iniziali, a conferma di come il Tav sia più un enorme contenitore di soldi pubblici e propaganda che un’opera reale e concreta.
Da oltre trent’anni la Val di Susa e chi si oppone al Tav affrontano militarizzazione, processi, campagne mediatiche denigratorie. Le stesse comunità che vivono le conseguenze concrete di questi cantieri vengono sistematicamente escluse da ogni processo decisionale, mentre governi e imprese private continuano a spartirsi appalti e fondi. Intanto, i grandi giornali celebrano l’avvio dello scavo come un traguardo epocale, senza mai raccontare i danni ambientali, le infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti e i costi sociali che questa vicenda porta con sé.
L’Alta Velocità Torino – Lione, come il ponte sullo stretto, sono opere ormai vecchie che non rappresentano nemmeno più il progresso ma che servono solo ed esclusivamente alla propaganda spicciola di certi personaggi di nostra conoscenza che, proprio in questa fase storica, appoggiano e rendono ancora più evidente la funzione di queste grandi opere: quella di agevolare corridoi e infrastrutture che potranno avere un uso militare.
Dietro alle foto ufficiali e ai comunicati stampa si nasconde una realtà ben diversa: quella di un’opera inutile, devastante e imposta con la forza. È la stessa realtà che da decenni viene denunciata e contrastata in Valsusa, luogo in cui non si è mai smesso di ribadire che il futuro non passa da un tunnel e devastazione, ma dalla difesa dei territori e dei beni comuni.
La fresa Viviana potrà anche cominciare a scavare, ma la resistenza di una valle non si fermerà davanti a ciò. Non saranno la propaganda di Telt e del Ministro Salvini né l’ennesimo cantiere calato dall’alto a spegnere una lotta che appartiene ormai a un’intera comunità.



