
Pubblichiamo di seguito due interventi fatti ieri durante la marcia popolare No Tav da Venaus a San Giuliano.
Sono passati vent’anni da quando questa valle si è ripresa il diritto di scrivere la sua storia. Vent’anni di opposizione alla sua distruzione, di resistenza e di attacchi al Tav da parte di un movimento fatto di abitanti vecchi e nuovi di questa valle sempre portandosi nel cuore e nelle lotte tutte e tutti quelli che non ci sono più. La Valsusa è questo, i No Tav sono questo.
Adesso che le commemorazioni del ventennale giungono al termine, da San Giuliano, dove Telt in questi giorni caccia gli abitanti, continua la nostra lotta. Siamo ancora qui dopo vent’anni e dopo tutta la repressione e la paura che lo stato ha usato come armi per convincere una valle ad accettare l’inaccettabile: diventare una zona di sacrificio per una grande opera inutile.
Inquinamento, malattie, spopolamento: un unico grande cantiere dalla Val di Susa alla Maurienne, da Chiomonte a Villarodin-Bourget. Non c’è limite e non c’è vergogna per Telt. Ma dobbiamo difenderci, usando l’accoglienza per chi lotta al nostro fianco e l’intelligenza di chi da vent’anni è ancora qui, costruendo ogni forma possibile di resistenza. L’alternativa è lasciare questa valle nelle mani di Telt. Non ce lo possiamo permettere.
Il Tav non è un treno, il Tav sono centinaia di camion di movimento terra e sostanze pericolose sulle nostre strade. Decine di sorgenti prosciugate. Cementificazione dilagante di quei pochi terreni agricoli ancori rimasti nei nostri fondovalle. Milioni di euro per opere inutili, pagate anche con il ricatto delle compensazioni. Il Tav non è un treno, è una macchina insaziabile che devasta e non rispetta neanche il più basilare diritto all’abitare. La casa di Ines, è il biglietto da vista di Telt. Semidistrutta il primo giorno di presa di possesso, in faccia ai suoi abitanti, da oggi diventa la nostra risposta, diventa presidio permanente No Tav. Telt vuole decidere chi tra noi si deve ammalare e chi deve lasciare la casa dove ha vissuto tutta la sua vita. Non permetteremo che Telt si comporti come una forza di occupazione in valsusa. La valle non vi vuole, andatevene via!
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Da quasi una settimana abbiamo riaperto la casa di Ines, espropriata il 19 novembre da Telt e installato un presidio permanente a San Giuliano per l’8 dicembre.
La Piana di Susa è oggi un punto centrale nel progetto della grande opera del Tav, qui si realizzerà un gigantesco cantiere per la realizzazione della stazione internazionale di Susa.
Da più di un anno stanno andando avanti gli espropri di case e terreni, un esempio concreto della violenza con cui l’azienda Telt, sostenuta da Stato e istituzioni, avanza nel nostro territorio, costringendo le persone a lasciare le proprie case e a pezzi della propria vita. Questo riguarda oggi chi è stata espropriata, ma si sta già producendo un effetto a catena che impatterà anche tutta la valle. Possiamo parlare di una vera e propria forma di colonialismo interno: una forza dominatrice esercitata da aziende e stato per interessi economici al fine di sfruttare il territorio attraverso la devastazione ambientale e il controllo militare che stanno avendo come conseguenza anche lo spopolamento.
Assistiamo alla natura ricattatoria di questo esercizio di dominio, in cui nocività e devastazione vengono edulcorate da compensazioni e false promesse di progresso.
Viene da domandarsi che progresso sia, uno che punta sulla grande opera mentre aumentano i tagli alla sanità, le condizioni della scuola peggiorano e si depotenziano i trasporti pubblici. Così come viene da domandarsi a quale richiesta di trasporto effettivamente funzionale al mercato si rivolga l’opera.
Da sempre il Tav ha una doppia funzione strategica: laddove le merci hanno già le loro infrastrutture, e comunque sono in calo su questa tratta, quello che è invece all’ordine del giorno dell’agenda europea, è il potenziamento di un corridoio militare per prepararsi allo scenario di guerra a cui assistiamo oggi. Gli interessi “strategico nazionali” di un’azienda di infrastrutture, l’azione di difesa bellica di uni stato e la devastazione ambientale, giocano tutti allo stesso gioco. Favorire un’economia di guerra sul fronte esterno e su quello interno.
In valsusa, zona di interesse strategico in questo momento storico, fatto di guerre e genocidi, in cui l’Europa chiama alla difesa grazie alla complicità dei fascismi, è necessario resistere e non essere complici.
Di fronte a tutto questo continuiamo a riprenderci gli spazi che ci tolgono, a mobilitarci e a rafforzare i legami comunitari come cura collettiva al ricatto e alla paura.
Per costruire insieme la prossima tappa di questo cammino di lotta, vi invitiamo a partecipare all’assemblea aperta di Valle la sera di mercoledì 10 dicembre al Presidio Permanente di San Giuliano.



