
L’inchiesta “Echidna”, firmata dalla DDA di Torino, ha messo in luce un quadro che, ormai, conosciamo fin troppo bene: grandi opere e appalti pubblici utilizzati come terreno fertile per affari sporchi, clientele e infiltrazioni mafiose. Questa volta al centro, come già evidenziato in diversi articoli apparsi sul sito, c’è l’autostrada Torino-Bardonecchia, infrastruttura che come il Tav rappresenta il classico cantiere “sanguisuga” utilizzato come canale di potere e denaro.
Dentro questo sistema tentacolare, emerge il nome di Salvatore Gallo, volto storico del Partito Democratico torinese, conosciuto come il “signore delle tessere”. Non è accusato di mafia, ma di peculato, corruzione elettorale e uso improprio di risorse aziendali. Secondo le indagini, avrebbe, infatti, distribuito tessere autostradali gratuite, utilizzato carte aziendali per spese personali e promesso favori in cambio di voti alle comunali del 2021. In altre parole, il solito intreccio tra politica e privilegi, dove il consenso si compra e si scambia.
Il processo con rito abbreviato si è chiuso con una condanna a quattro anni e quattro mesi, più pesante addirittura della richiesta avanzata a suo tempo dal PM. Una sentenza che racconta di pratiche strutturali che non possono più essere ridotte a semplice e sporadici episodi di disonestà. Nello stesso procedimento, infatti, è stato condannato a tre anni di carcere anche l’ex direttore del personale di Sitaf, Salvatore Sergi.
In realtà, la partita più grossa dell’inchiesta Echidna riguarda i legami della ‘ndrangheta con gli appalti e con il mondo delle imprese legate alla manutenzione della Torino-Bardonecchia. Qui il nome che spicca è quello di Roberto Fantini, ex amministratore delegato di Sitalfa, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per aver favorito aziende vicine ai clan. Un’istantanea che conferma come il sistema delle grandi opere continui a essere uno strumento perfetto per alimentare il partito del malaffare con la politica a fare tramite.
La condanna di Gallo pesa sul piano politico, svelando una faccia di un partito che, nella città di Torino, ha in parte costruito il suo consenso sul clientelarismo, appalti truccati e controllo malavitoso del territorio.
L’autostrada Torino-Bardonecchia, come il Tav, ci racconta sempre la stessa storia. Ancora una volta vediamo come la retorica delle grandi opere inutili, serva a nascondere un sistema di corruzione, favori e infiltrazioni mafiose. Dietro i cantieri e i miliardi di euro spesi in nome dello sviluppo ci sono sempre le stesse dinamiche: soldi pubblici trasformati in profitti privati, politica piegata agli interessi di pochi, criminalità che trova spazio per radicarsi.



