post — 18 Novembre 2015 at 22:18

Le sentinelle, il procuratore e la sentenza

hqdefaultdi Ezio Bertok su comune-info.net – C’è un sacco di gente poco informata o molto distratta che scrive falsità sulla lotta dei No Tav. Uno dei luoghi di abituale ritrovo di queste persone sono le autorevoli pagine di Repubblica. Nei giorni scorsi, forse contrariato dall’impossibilità di raccontare la sessione del Tribunale Permanente dei Popoli dedicata al Tav come problema di ordine pubblico, il quotidiano ha pubblicato nell’edizione torinese due rilevanti esempi della serenità d’animo con cui tratta quegli eventi. Il primo è una notizia di scarso rilievo annunciata in pompa magna dal direttore generale della società incaricata di gestire la Torino Lione con evidenti intenti mistificatori. Il secondo è un’invettiva priva di contenuti quanto ricca di livore contro il Tribunale dei Popoli. L’ha scritta, al solo scopo di denigrare il lavoro dei “colleghi”, un procuratore in pensione, nemico giurato della protesta valsusina. Il suo nervosismo segnala, tuttavia, che per i supporter e i lobbysti dell’alta velocità la sentenza del Tribunale è stata un gran brutto colpo. Per la gente che difende una valle meravigliosa, invece, si tratta di un punto di non ritorno. Lo dimostra il fatto che la sentenza li riconosca come “sentinelle che lanciano l’allarme” ma lo dice, a modo suo, anche la creatività di piccole iniziative come la “sentenzaiola“, l’allegra trovata promossa da un pericoloso gruppo di settantenni ai cancelli del cantiere di Chiomonte
«Telt, la società incaricata di costruire e gestire la Torino-Lione ad alta velocità, è stata ammessa nel Global Compact dell’Onu, la rete delle società ed organizzazioni pubbliche che si pongono il comune obiettivo di creare un’economia sostenibile attraverso la tutela dell’ambiente e la lotta alla criminalità»
Questo annuncio era contenuto in un piccolo trafiletto pubblicato insieme ad una simpatica letterina dal quotidiano La Repubblica pochi giorni dopo la sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli (Tpp) che aveva espresso un giudizio pesante sull’azienda includendola tra i principali responsabili di violazioni di diritti fondamentali in Val di Susa insieme «ai governi italiani che si sono succeduti negli ultimi due decenni, alle autorità pubbliche responsabili della assunzione delle decisioni e delle misure che sono state sopra denunciate, ai promotori del progetto». Nel trafiletto veniva specificato che chi aveva dato l’annuncio era Mario Virano, direttore generale di Telt, il quale ci teneva a precisare: «È la miglior risposta alla “sentenza” del Tribunale Permanente dei Popoli che domenica ha “condannato” la Tav».
I notav di solito non si fanno impressionare dalle parole altisonanti e qualcuno ha suggerito di andare a vedere quali erano gli altri partecipanti al Global Compact dell’Onu: tra le 8000 “imprese etiche” abbiamo trovato Coca Cola, Nestle, Monsanto, Microsoft, Apple… e tra quelle nostrane, tralasciando le bocciofile e l’Automobile Club d’Italia risultano Adecco, CMC di Ravenna, Italcementi, Endesa, Enel, Eni, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi…. e altre imprese etiche sparse (http://www.globalcompactnetwork.org/it/). Il vecchio proverbio “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei” vale anche nell’era digitale.
Se tanto mi da tanto, qualcuno si chiederà a questo punto cosa diceva la letterina che nelle pagine dell’edizione di Torino de La Repubblica faceva da contorno al trafiletto, quasi fosse uno sponsor. Si tratta di una persona che gode di una certa stima nel nostro paese, a cui vengono generalmente attribuiti non pochi meriti nella lotta all’illegalità.
Vi lascio un attimo con la curiosità riportando prima le parole di una giovane donna che aveva fatto mille chilometri per offrire gratuitamente il suo lavoro volontario nel corso della sessione del Tribunale Permanente dei Popoli. Così ha scritto Maria Paola sulla sua pagina Facebook: «Questa sentenza riconosce i vostri sforzi, il vostro valore, la legittimità della vostra resistenza e della vostra lotta: due parole, resistenza e lotta, che si spogliano di qualunque retorica e diventano vive, vere, pregne del loro significato più puro in Val di Susa. Conoscere uomini e donne consapevoli e appassionati come voi mi ha profondamente toccata ed emozionata: grazie a tutti i membri di un movimento tristemente criminalizzato e banalizzato dai nostri mezzi di comunicazione, che è movimento nel senso vero: unione di persone che rifiutano la stasi, l’immobilismo, e si fanno portatori di un cambiamento. Spero con tutto il cuore che questo cambiamento divampi ovunque nel mondo».
Raramente si riescono ad esprimere in poche parole sentimenti tanto profondi.
Nella letterina pubblicata da Repubblica si usavano invece molte parole per esprimere un solo concetto, seppure ripetuto più volte: screditare, screditare, screditare. Chi scriveva parlava di “sedicente tribunale permanente dei popoli” e faceva sfogo di grande cultura letteraria riportando dotte citazioni di autori contemporanei per assimilare il sedicente tribunale a chi «raccatta oggetti privi di valore e pezzi di ciarpame». Ci teneva poi a dire che si occupava della questione solo «per il rispetto dovuto a tutte le persone oneste che il tribunale ha “condannato” calpestando le regole più elementari, che neppure un processo farsa dovrebbe trascurare. Basti dire che una “piazza” selezionata e ristretta, ma rumorosa, a Torino nella “Fabbrica delle E” come ad Almese nel teatro Magnetto, urlando e manifestando scompostamente, pretendeva in “aula” la testa degli “imputati”: mentre fin dai banchi di scuola si insegna che un giudice che voglia onorare la propria funzione deve sottrarsi alle pressioni di chi chiede giustizia sommaria, senza arrogarsi poteri che solo quella piazza gli riconosce». Per farvi una vostra idea, guardate le prime registrazioni audio/video sul sito del Controsservatorio Valsusa (a breve ci saranno tutte): probabilmente l’autore dell’articolo è stato male informato. C’è in giro un sacco di gente poco informata che scrive falsità: un politico locale di area governativa e di bassa statura ha perfino detto che le sedute erano a porte chiuse mentre nelle centinaia di manifesti affissi a Torino nei giorni precedenti stava scritto “I lavori sono aperti al pubblico, partecipate numerosi“. Gente sicuramente poco informata o distratta.
L’autore della letterina, dopo aver chiarito le sue oneste intenzioni, si lasciava poi andare a insinuazioni e insulti vari parlando, sempre a proposito del Tribunale Permanente dei Popoli, di «fregola di non scontentare mai (neppure per un goccio) accusa e “tricoteuses” con tesi al limite della diffamazione» e dopo aver colto in fallo il tribunale per essersi dimenticato delle «aggressioni contro il cantiere di Chiomonte, contro gli operai che ci lavorano per guadagnarsi la pagnotta» concludeva con un invito ai giudici e al presidente del sedicente Tribunale (magistrato onorario della Corte suprema di Cassazione francese, ma questo il nostro non lo precisava) a occuparsi piuttosto «dell’impunità assicurata ad un assassino come Cesare Battisti». Firmato: Giancarlo Caselli.
Provate a mettere a confronto questi garbati insulti scritti con stile delicato con le parole di Maria Paola: non credo che nessuno possa immaginare entrambi seduti ubriachi al tavolo di un bar sport di periferia all’indomani di un derby che ha lasciato l’maro in bocca.
Non so se l’ex procuratore della Repubblica di Torino frequenti oggi i bar di periferia ma chissà quanti tra coloro che ancora oggi nutrono nei suoi confronti una stima incondizionata per i meriti che gli vengono attribuiti nella lotta alla mafia e al terrorismo (parlo di alcuni decenni fa) riescono a cogliere la gravità dei suoi insulti.
Il titolo del suo articolo/lettera era: “Tav, il Tribunale dei popoli apre un solo occhio” ed è significativo che la predica arrivi da un ex procuratore di cui è noto lo strabismo sulle questioni che riguardano il Tav in Val di Susa.
Un docente del Politecnico di Torino, commentando la letterina si è chiesto: «Il Tribunale dunque era sedicente anche quando emetteva sentenze su violazioni dei diritti umani nel Sahara Occidentale, in Argentina, in Eritrea, nelle Filippine, El Salvador, Afghnaistan, Timor orientale, Zaire, Guatemala, Nicaragua, Puerto Rico, Amazzonia brasiliana, America latina, eccetera? Oppure il Tpp, autorevole altrove, diventa improvvisamente “sedicente” e fazioso quando approda a una vallata piemontese?»
Viene da chiedersi se per caso questo strabismo che miete numerose vittime tra gli appartenenti all’etnia si-tav-costi-quel-che-costi sia sintomo di una particolare forma di sindrome Nimby che colpisce all’improvviso proprio chi attribuisce al movimento notav la colpa di guardare solo al suo piccolo cortile.
Ma i notav prestano scarsa attenzione a chi, non avendo più nulla da perdere, perde il suo tempo a insultare chi con autorevolezza fa notare che in Val di Susa diversi governi sono colpevoli di aver disatteso impegni sottoscritti ratificando convenzioni internazionali, che riconosce violazioni di diritti fondamentali «che sono il prodotto di azioni deliberate e pianificate: la diffusione di informazioni contenenti falsità e manipolazione dei dati relativi alla necessità, alla utilità, all’impatto dei lavori; la simulazione di un processo partecipativo con l’istituzione dell’Osservatorio…»
Se prima della sentenza c’era qualche timore che potesse essere oscurata di proposito da chi può avere interesse a sminuirne il valore oggi non ci sono dubbi sul fatto che ha toccato le corde giuste e tacere diventa difficile anche per loro: tra chi si agita nella sedia ci sono, oltre a qualche ex procuratore, soprattutto lobbysti, supporters e politici che una volta avremmo definito di diverso colore.
Ciò che ai notav importa è che questa sentenza segni realmente un punto di non ritorno.
Sanno bene che non è certo un punto di arrivo, che occorre soprattutto la tenacia e la determinazione mostrata in questi venticinque anni affinché non rimanga inascoltata, che serviranno altre lotte per far sì che le raccomandazioni che contiene diventino obblighi vincolanti per i governi di oggi e di domani.
Ma si può comprendere quale grande iniezione di fiducia rappresenti la sentenza anche dalle parole di una ex sindaca che ha scritto quasi a caldo: “Valeva la pena di aspettare 25 anni per leggere questo testo e sentire le parole di ieri” ringraziando poi chi ha dimostrato “quel coraggioso realismo che fa sognare e pretendere l’impossibile”.
Il popolo notav si prepara oggi a ricordare una data importante guardando con realismo e speranza al domani: dieci anni fa le prime violenze della polizia, l’8 dicembre del 2005 la liberazione di Venaus che ha cambiato tutto dimostrando che “si può fare”. Nella sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli viene riconosciuto alle persone che si mobilitano contro il Tav e contro altre grandi opere inutili e imposte il ruolo di “sentinelle che lanciano l’allarme” riprendendo letteralmente una formulazione contenuta in risoluzioni del Consiglio d’Europa che definisce regole vincolanti (e disattese) per i giudici dei diversi paesi.
Che i notav abbiano preso molto sul serio la sentenza lo si è capito subito e lo si vedrà meglio nei prossimi mesi: alcuni sindaci della valle (pochi per fortuna) sembrano oggi troppo sensibili alle lusinghe delle compensazioni e soprattutto alle pressioni delle segreterie del partito di riferimento (leggi PD) ma dovranno fare i conti con essa e con il movimento che non perderà occasione di esibirla per scongiurare il nuovo inganno di un tavolo di confronto fotocopia di quello condannato dal TPP.
E a proposito di movimento: una piccola iniziativa rende bene l’idea di come la sentenza sia stata accolta, protagonisti un gruppo di irriducibili notav non più giovanissimi (età media sui settanta) ma non per questo con poche energie.
Hanno stampato la sentenza del TPP in diverse copie, hanno arrotolato i fogli, li hanno legati con un nastro rosso. Poi, di notte, sono andati al cantiere/fortezza di Chiomonte e li hanno lanciati al di là delle reti, indirizzandoli alle forze dell’ordine schierate in difesa dell’illegalità del cantiere dagli attacchi terroristici che agitano i sogni dell’ex procuratore che scrive letterine sui giornali. E mentre le forze dell’ordine rilanciavano i fogli ai mittenti i nostri “terroristi” con un megafono leggevano i diversi passi della sentenza alla luce delle torce.  Ma non è finita qui: allontanatosi dal cantiere il gruppetto  ha portato una copia della sentenza alla caserma dei carabinieri di Susa chiedendo che venisse protocollata. Hanno documentato il tutto su Youtube.
Un movimento così tenace e creativo potrà mai essere sconfitto?